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Rebranding Nel Settore Energia: Un Cambiamento Al Di Là Del Logo

Rebranding nel settore energia: un cambiamento al di là del logo

di Gianluca Comin

Ha fatto notizia la scorsa settimana l’annuncio da parte del colosso petrolifero norvegese Statoil del cambio di nome e relativo logo: il nuovo brand, che si sviluppa graficamente dal fiore stilizzato utilizzato oggi, è Equinor. Un rebranding nel settore dell’energia.

Il nome nasce dall’unione di due radici che sintetizzano la storia dell’azienda e il suo posizionamento desiderato: “equi” come riferimento all’uguaglianza e all’obiettivo di creare un futuro migliore per tutti, “nor” come segno del legame imprescindibile con il paese nordico nel quale il Gruppo si è sviluppato in questi decenni, a partire dalla fondazione nel 1972.

Rebranding energia: un passaggio delicato

Il tema della ridenominazione, che non è mai un passaggio semplice per un’azienda che ha una lunga storia e una presenza radicata in uno o più contesti nazionali, è particolarmente delicato nel settore energetico: un’altra major, la British Petroleum, ha da qualche anno ridefinito il significato del proprio acronimo in “Beyond Petroleum”, come ricordato sul Sole 24 Ore da Sissi Bellomo in un suo editoriale.

Nel caso dell’Italia, il panorama presenta esempi differenziati: se i nomi si mantengono sostanzialmente gli stessi anche per via della presenza consolidata nell’immaginario collettivo e al loro protagonismo nella storia di sviluppo del Paese (Eni, Enel, Snam), i loghi sembrano prestarsi più facilmente al cambiamento.

Pensiamo al logo multicolore di Enel, alla rilettura nella tradizione del Cane a sei zampe di Eni, alla recente decisione di Snam di introdurre il verde nel più tradizionale stemma blu (realizzazione di Inarea di Antonio Romano). La società guidata da Marco Alverà, che nel 2011 si era differenziata radicalmente dall’orbita Eni recuperando lo storico logo degli Anni 40, ha rivisto la propria brand identity all’insegna del motto “energia che ispira il mondo”.

Il richiamo cromatico alla sostenibilità si riallaccia al desiderio di comunicare sempre di più il gas come fonte di energia amica dell’ambiente e destinata ad un uso a 360 gradi, dal riscaldamento domestico all’imprese alla mobilità.

Ma come raccontarlo?

Ma come si racconta agli stakeholder una scelta che incide così profondamente sul modo in cui un’azienda si pone nei confronti dei propri dipendenti e portatori di interesse? Statoil, come spesso accade in questi casi, ha optato per un video emozionale facilmente rilanciabile sui social media e immaginato per un pubblico differenziato. Quando una società a controllo pubblico di un settore strategico come quello Oil & gas decide di abbandonare il vecchio nome ha infatti la necessità di spiegarlo sia agli addetti ai lavori sia, più in generale, all’opinione pubblica.

Quel nome e quel logo, seppur inseriti in un flusso continuativo di ritocchi e aggiornamenti grafici, rappresentano infatti un punto di riferimento storico, un elemento costitutivo del paesaggio (pensiamo alle stazioni di servizio disseminate lungo le strade), un tema di dibattito che non è riservato solo al circolo degli esperti.

Il video, immediatamente reso disponibile su YouTube, contiene immagini molto forti ed è “guidato” da una voce narrante fuori campo che sembra dialogare con i protagonisti delle diverse scene: una giovane madre alle prese con il dolore del parto, gli scolari di una classe che apprendono la lezione dal professore, una teenager ribelle, una donna di mezza età con la pelle segnata dallo scorrere del tempo. Immagini flash che sviluppano il tema del cambiamento e che ci invitano a prendere coscienza della sua inevitabilità nella nostra vita di tutti i giorni.

Un nome che parla

È da questa consapevolezza, suggerisce il video, che nasce la decisione di “dire arrivederci” a Statoil dopo 46 anni e di “dare il benvenuto” ad Equinor. Un segno tangibile, fin dal nome, dell’obiettivo di puntare sempre più sulle rinnovabili (in questo caso, l’eolico offshore) e di giocare fino in fondo il proprio ruolo di player nella transizione ad un mix energetico sempre più sostenibile. Come tutte le decisioni corporate, anche questa si accompagna a potenziali focolai di crisi reputazionale.

Alcuni osservatori, oltre alla platea propensa alla provocazione del web, hanno evidenziato l’imbarazzante somiglianza del nuovo nome con quello di strutture veterinarie specializzate in cavalli. Al di là del sorriso e della polemica passeggera, non sarà però questa coincidenza ad indebolire in modo permanente la portata di questo cambiamento.

Eliminare il riferimento esclusivo al petrolio, infatti, significa dare atto che il settore non è più lo stesso di quando la società è nata e si inserisce, nel caso di un paese come la Norvegia, anche in un impegnativo processo di revisione dell’economia e delle sue componenti.

Questione di coerenza

«Il mondo cambia, anche Statoil. È in corso la più grande transizione mai osservata nei sistemi energetici e moderni e noi abbiamo l’ambizione di far parte di questa evoluzione», ha affermato il presidente Jon Erik Reinhardsen in un comunicato.

La vera sfida inizia infatti dopo il giorno dell’annuncio: la coerenza del posizionamento ambito da Equinor e la sua “sostenibilità” a lungo termine sono la vera chiave per assicurare il successo dell’operazione.

Compito della comunicazione è quello di raccontare al meglio un passaggio così delicato, coinvolgere tutti gli attori esterni ed interni e diffondere i messaggi sulla visione e sulla mission dell’azienda. Per tutti i dipartimenti e per tutti i livelli decisionali questo posizionamento va poi concretizzato nelle attività quotidiane e nelle strategie effettivamente implementate.

www.marcosarto.it

https://www.lettera43.it/author/gianlucacomin/?refresh_ce

 

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