Candidati, qualche dritta social in tempi di campagna elettorale
di Gianluca Comin
Social in campagna elettorale: campagne elettorali, si fa presto a dire social media. Potremmo riassumere così, quasi con una battuta, la comprensibile foga con cui qualunque candidato politico predispone una copertura digitale che ne rafforzi la visibilità rispetto ai competitor e ne rafforzi sufficientemente le chance di successo.
Social in campagna elettorale: persone legate al territorio
La legge elettorale approvata di recente, con il suo mix di maggioritario e proporzionale, apre scenari interessanti per un comunicatore politico: in questi ultimi anni di “listini bloccati” ci siamo forse disabituati all’idea di una conquista del voto “palmo a palmo”, legata anche alla capacità di chi si candida al seggio di percorrere il territorio in lungo e in largo e di accreditarsi come colui o colei che possono rappresentarlo al meglio nelle istituzioni.
Come intercettare l’elettore
Questo avviene certamente attraverso gli incontri fisici con gli elettori: senza per forza mettere in piedi pomposi comizi da Prima Repubblica, ma affidandosi se possibile alla studiata casualità di una passeggiata nei mercati e per le strade delle nostre città. Una parte consistente dell’elettorato, però, sarà comunque impegnata sul luogo di lavoro o poco propensa, in tempi di astensionismo galoppante e sfiducia nei partiti, a prendere parte in prima persona a iniziative di carattere politico.
È qui che l’ingaggio digitale può fare davvero la differenza: non tanto per sostituire i modi tradizionali di costruzione del consenso, quanto per integrarli in modo efficiente e smart. Insomma, i vecchi manifesti sono ancora uno strumento valido per farsi conoscere o diffondere uno slogan mobilitante. Basta solo trovare il metodo più accorto per ottenere lo stesso risultato nella ben più infida prateria del web.
Twitter ha un’audience raffinata
Prima di tutto occorre selezionare. Questo vale sia per la comunicazione aziendale sia per quella politica: non serve essere ovunque, va piuttosto definita in modo accorto la nostra presenza sui canali più frequentati e a maggiore potenziale di ingaggio. Twitter può essere utile per un’audience raffinata e per la comunità dei giornalisti, ma suggerirei di lavorare a un buon sito web e a una pagina Facebook “interattiva” e ben congegnata.
L’utente va invogliato a cliccare
La pagina personale dovrebbe essere auspicabilmente il nostro biglietto da visita. I più appassionati di politica non appena vengono pubblicate le liste tendono infatti a digitare immediatamente il nome dei candidati per controllare le informazioni disponibili in Rete.
Social in campagna elettorale: avere a disposizione uno spazio web in cui siano riassunte in modo chiaro la nostra vita professionale e la proposta politica è il primo tassello per invogliare un potenziale elettore a cercare informazioni aggiuntive su di noi: eventuali battaglie vinte in passato o progetti condotti con successo, una gallery con foto aggiornate, un calendario con le tappe del tour elettorale nel collegio.
Imbattersi in foto d’archivio in bassa risoluzione o in elenchi di vecchie dichiarazioni stampa rischierebbe invece di dare l’idea di uno spazio trascurato, riattivato senza continuità e lasciato solo a se stesso. Esattamente il contrario di quello che ci aspetteremmo da un personaggio pubblico e da un rappresentante delle istituzioni.
No a troppa autocelebrazione
Facebook è il social media più popolare e quello tendenzialmente più universale e intergenerazionale. Qui dobbiamo dunque fare uno sforzo per metterci nei panni di chi vedrà i nostri post nella propria timeline privata, fra foto degli amici e notizie dell’ultima ora. L’eccesso di autocelebrazione potrebbe essere un elemento di disturbo, così come la facile scorciatoia di un “copia e incolla” di comunicati stampa o dichiarazioni già diffuse attraverso i media.
Chi ha fatto like va stimolato
Chi vedrà il nostro post sponsorizzato oppure lo leggerà consapevolmente perché ha già messo “Mi piace” alla nostra pagina andrà piuttosto stimolato a fare di più: a cercare informazioni sul programma indicando un link apposito, ad approfondire un determinato tema, a leggere un’intervista pubblicata online o a rivedere una nostra partecipazione televisiva.
Il bello dei social media è che ci consentono di utilizzare con grande versatilità materiali di comunicazione che in passato avrebbero avuto circolazione limitata: un volantino sarebbe rimasto per giorni nella cassetta delle lettere, un manifesto avrebbe potuto essere facilmente ignorato, un passaggio in televisione poteva rivelarsi totalmente inutile per via della fascia oraria in cui era stato collocato.
Interviste da riascoltare
Ora invece un’intervista radiofonica può essere riascoltata in qualunque momento, le frasi a effetto pronunciate durante un duello elettorale possono diventare card da condividere su Facebook e Twitter, le dirette Facebook possono essere attivate durante un comizio in una certa località del nostro collegio ed essere intercettate dagli utenti più disparati, anche da quelli che difficilmente avrebbero messo piede in quella piazza.
Messaggi amplificati
Le campagne elettorali sono processi affascinanti e all’ultimo respiro, nei quali contano infinite variabili e spesso l’organizzazione e la strategia rischiano di apparire ancillari rispetto alla forza degli slogan e al carisma personale. In realtà l’immagine si costruisce sempre attraverso molti canali. Quelli digitali hanno una tale componente di pervasività e amplificazione dei messaggi che non possiamo limitarci a utilizzarli come bacheche vecchia maniera o sgraziati megafoni. Non ne va solo del nostro stile personale, ma delle nostre possibilità di successo.