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Action Tank, Dai Pensieri Ai Fatti

Action tank, dai pensieri ai fatti

Da tempo sento ripetere una formula interessante, che mescola elaborazione intellettuale e capacità di intervenire sul reale. Si tratta di “action tank”, una definizione che esprime efficacemente l’esigenza di raccogliere idee di policy e di trasformarle in azioni concrete. Il riferimento è al ben più noto concetto di “think tank”, i cosiddetti “serbatoi di pensiero” dai quali, nel mondo anglosassone, si attinge per dare una base scientificamente solida a un’ipotesi di intervento politico. Centri studi caratterizzati dalla presenza di un team di esperti che, tramite attività di ricerca non puramente accademica, sono in grado di supportare il decisore pubblico nell’identificare le soluzioni migliori per affrontare un problema, garantendo un approccio autorevole e neutrale.

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Think tank pilotati dai finanziatori. Inutile dire che, come spesso accade, tale attività è stata interpretata come un paravento dietro il quale si nascondono processi di elaborazione scientifica meno cristallina, i cui esiti sono influenzati dagli interessi del committente (privato) di un determinato studio. Non è questo, però, il problema di fondo a cui la formula “action tank” intende rispondere. La vera questione è, piuttosto, l’esigenza di rendere quanto più possibile limitato il gap tra teoria e pratica.

A molti di noi sarà capitato molto spesso di assistere a qualche convegno durante il quale abbiamo avuto la netta impressione di non sentire niente di nuovo.
Un paper ben confezionato e un vivace dibattito tra esperti sono sempre motivo di grande interesse, ma non è di questo che un’azienda (o un governo) hanno bisogno. L’azione rischia infatti di restare sullo sfondo, confinata a un futuro vago in cui verranno finalmente implementate le proposte esaminate durante la tavola rotonda.

Fornire opzioni e strumenti per realizzarle. Il primo compito di un autentico action tank dovrebbe perciò essere quello di fornire, in parallelo alla presentazione delle opzioni più indicate, anche gli strumenti più adatti per renderle operative. Per un’azienda questo può tradursi in un’assistenza qualificata volta a non lasciare sulla carta le intuizioni che hanno reso utile il lavoro di ricerca.

Se si parla di un contesto normativo ottimale, nel quale le attività aziendali si svolgerebbero con minore imprevedibilità, si può definire una serie di azioni mirate per ingaggiare gli stakeholder istituzionali e spiegare loro i punti di forza che rendono tale scenario preferibile allo status quo.
La capacità di convincere è dunque basata sulla forza delle argomentazioni e su un approccio comparativo, che faccia emergere i motivi per cui è necessario cambiare (o anche non cambiare). Questo è il primo passo per passare dal ‘think’ alla ‘action’.

Così è più facile attirare risorse

In seconda battuta, un’elaborazione teorica più orientata all’azione ha anche maggiori possibilità di riuscita e ciò è fondamentale per attirare risorse.
Le attività di una fondazione, fatta salva la sua autonomia, sono infatti intrinsecamente legate alla capacità di sensibilizzare un attore economico sull’importanza di simili progetti.
Gli stessi fondi potrebbero infatti essere allocati in modo differente, promuovendo un altro tipo di sponsorizzazione o commissionando uno studio a un team interno.

Un soggetto terzo dà più autorevolezza. Il coinvolgimento di un soggetto terzo garantisce un diverso tipo di autorevolezza e permette di ampliare in modo considerevole l’orizzonte in cui viene inquadrato un tema.
È un risultato che può avere un impatto decisivo sul contesto nel quale si muove un’azienda. A differenza di un input che viene da strutture proprie, la posizione di una terza parte permette al dibattito pubblico di non irrigidirsi e di svilupparsi secondo dinamiche che tendano a coinvolgere tutte le voci in campo.
Lo stesso sistema dei media sarà più propenso a dedicare tempo e spazio alla questione, smussandone gli elementi di maggiore complessità e soppesando eventuali rischi e benefici.

Una chiave di lettura che sia prescrittiva. Anche in questo caso, l’orientamento all’azione è di primaria importanza. La direzione prospettata dall’action tank dovrà fornire a tutti gli interlocutori interessati una chiave di lettura del problema che non sia meramente descrittiva, ma prescrittiva. Alle varie categorie di stakeholder andranno presentati i passi concreti che essi possono compiere per raggiungere il risultato migliore, magari utilizzando la fondazione come piattaforma tramite la quale continuare il dialogo con gli altri attori e definire una Roadmap.
Stiamo attraversando una fase politica burrascosa: la veridicità di ciò che si afferma sembra quasi travolta da forme alternative di legittimazione, che subordinano l’autorevolezza alla capacità di colpire allo stomaco con la brutalità delle proprie prese di posizione.
Le accuse contro l’incapacità di figure “tecniche” o connotate come rappresentanti dell’establishment possono forse essere disinnescate proprio dimostrando che le soluzioni a un problema non si trovano certo organizzando una tavola rotonda, ma nemmeno aizzando le folle da un palco.
È la capacità di trasformare un’idea verificata e ponderata in azione a rendere un attore un autentico problem-solver.

Twitter @gcomin

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