Mobile-first, il futuro della pubblicità passa dagli smartphone
Di Gianluca Comin, pubblicato su Lettera 43
Assieme a Content Marketing non credo che ci sia una frase più onnipresente in questo momento nel mondo della pubblicità di qualsiasi cosa che inizi con la parola «Mobile».
Al di là delle opinioni che si possono esprimere sull’argomento, le idee o i dati di fatto, è arrivato il momento per i professionisti della comunicazione di fare i conti con un cambio di paradigma che rivoluzionerà il settore pubblicitario.
Il Digital Advertising in Italia aumenta del 12,7% su base annua, consolidando la posizione di internet come secondo mezzo per investimenti pubblicitari dopo la tivù, con oltre 2 miliardi di euro. A dominare nel 2014 c’è il Mobile Advertising, con una crescita del 50% (290 mln), e una penetrazione del 15% sul totale della pubblicità online.
Questa crescita sta portando gli inserzionisti a dirottare parte del proprio portafoglio verso una classe ben precisa di utenti: i mobile-first.
42 MILIARDI DI SPESA SOLO NEGLI USA. Tuttavia fino a oggi c’è stata una grande disparità tra la quantità di tempo che passiamo sul nostro smartphone (numeri significativi e crescenti), e i soldi spesi per gli annunci su questo device (bassi e stazionari).
Secondo BusinessInsider questa forbice si restringerà sempre più, dal momento che gli annunci mobile sono ormai ottimizzati al device e performanti (sia dal punto di vista della reach che della richness) e il targeting è personalizzato e one-to-one.
BusinessInsider prevede che la spesa pubblicitaria nel mobile entro il 2018 supererà quota 42 miliardi nei soli Stati Uniti, con un tasso di crescita del 43% annuo. In un settore che vede il segno meno da quasi 10 anni, è un dato estremamente positivo. Tra i format pubblicitari che cresceranno di più troviamo le search sui motori di ricerca che, con più di 3 miliardi di ricerche solo su Google, hanno un potenziale di mercato illimitato.
I BIG DATA CAMBIANO LA PUBBLICITÀ. I Big Data infatti stanno cambiando il modo in cui la pubblicità raggiunge le persone: l’enorme quantità di dati raccolti dai motori di ricerca permette agli inserzionisti di raggiungere i target in maniera unica. Quello che conta oggi è conoscere il contesto e il modo in cui un consumatore interagisce con i brand nei modi e tempi dettati dai diversi dispositivi.
L’enorme vantaggio dei cellulari è che permettono di comprendere questo contesto grazie al modo in cui li utilizziamo, ai social media e alle chat con cui scriviamo. Tutte queste informazioni si trovano all’interno dei nostri smartphone e delle nostre applicazioni, e offrono agli inserzionisti un quadro specifico della nostra vita, che rende la comunicazione unidirezionale della televisione ormai passata.
Estremamente emblematici le pubblicità su Youtube, un format che cresce del 96% all’anno. L’algoritmo adottato dal canale streaming americano permette all’inserzionista di presentare agli utenti che più sono propensi a soffermarsi sulle pubblicità (e non saltano – skip), sempre più advertising e con regolarità maggiore.
ATTENTI AL TEMPO DI CARICAMENTO. Bisogna però evitare conclusioni scontate e semplicistiche, perché il mercato del Mobile Advertising presenta inconvenienti e settaggi ancora da definire. Ottimizzare campagne pubblicitarie tradizionali non è facile, e non è questo il modo di coinvolgere i consumatori sui propri smartphone. Il tempo di reazione su questi strumenti da parte degli utenti infatti è frenetico e limitato nel tempo.
Il 50% delle persone lascia una pagina se non carica entro 10 secondi (il 70% di loro non tornerà mai più su quel sito). È stato stimato inoltre che il 40% degli shopper online abbandona un sito/app di e-commerce se non carica entro tre secondi.
Si stima che Amazon, con un fatturato di 67 milioni di dollari al giorno, potrebbe perdere 1,6 miliardi di euro in un anno per colpa di un secondo di ritardo medio nel caricamento delle pagine. Bisogna dunque riuscire a catturare l’attenzione dei consumatori in maniera rapida e ottimizzata alle dimensioni degli schermi. Non è un caso che Apple e Samsung stiano creando dispositivi con display sempre più grandi.