Dite ai leader che la retorica populista sui social ha perso appeal
di Gianluca Comin
Autoreferenziali, provocatori e spesso ostili, i tweet e i post di leader europei (e non) dominano sempre di più la scena politica attuale, orchestrando e influenzando profondamente l’opinione pubblica. A riguardo, è emblematico il recente tweet del presidente americano, Donald Trump, il quale ha ricordato che la discutibile decisione di ritirare l’appoggio americano ai curdi in Siria è stata presa nella sua «grande e ineguagliabile saggezza».
La retorica di Trump non è certamente un caso isolato. Dal paradigmatico discorso del leader ungherese Viktor Orban a Tusnádfürdő nel 2014 ai recenti eventi che hanno segnato il tortuoso processo della Brexit, il linguaggio dei leader sembra ruotare intorno a slogan ben definiti. “Il popolo contro il parlamento”, la “volontà del popolo” contro “l’élite” o, nel caso degli Stati Uniti, la volontà del presidente contro “Washington”. Questa sorta di “romanticismo febbrile”, come lo definirebbe lo scrittore francese Benjamin Constant, uno dei più accaniti esponenti dell’opposizione liberale a Napoleone, sta però minando la stabilità delle democrazie liberali nel mondo. I leader stessi, designati come i custodi della volontà del popolo, stanno spostando il luogo della sovranità popolare dalle istituzioni rappresentative a una comunione istintiva tra leader carismatico e masse di cittadini, creando così forti ambiguità del loro impegno per la democrazia.
IL GIUDIZIO DEL POPOLO RESTA BEN ANCORATO A TERRA
Ma se il linguaggio dei leader e l’uso dei social media sembra, a volte, trascendere la realtà, il giudizio del popolo e degli elettori rimane ben ancorato a terra. Non è un caso che gli ultimi avvenimenti abbiano dimostrato una profonda inversione di marcia rispetto agli anni precedenti. La retorica populista diffusasi tra molti leader europei, spesso ridondante ed esaltata, sembra ultimamente aver perso molto del suo “appeal”. Ne sono un esempio la recente sconfitta del partito nazionalista e populista austriaco “Freedom”, indiscusso vincitore delle elezioni del 2017, e il seguito mondiale raggiunto dalla piccola attivista svedese, Greta Thunberg, nonostante lo screditamento ricevuto dallo stesso presidente statunitense a colpi di tweet e post.
È dunque, forse, arrivata l’ora per i nuovi leader di cambiare strategia comunicativa, cercando di ristabilire un rapporto sano con l’elettore e ampliando la platea con cui interloquisce, non limitandosi più a parlare con una porzione ristretta di “fan digitali”. Gli elettori dovranno infatti decidere, nei prossimi mesi e anni, se riporre la loro fiducia in una versione della democrazia piuttosto che un’altra. Dovranno scegliere tra la versione diretta e populista in cui il leader è mera espressione del testamento della volontà popolare, o il costituzionalismo rappresentativo in cui l’esecutivo è frenato dalla vigilanza legislativa, criticamente controllato dai media liberi e ritenuto responsabile da un potere giudiziario indipendente incaricato di sostenere lo stato di diritto universalmente applicabile.
I CITTADINI CHIEDONO DEMOCRAZIA
Differentemente dall’immaginario comune, i recenti studi condotti da Fondapol.org (Fondation pour l’innovation politique), think tank francese liberale, insieme con l’Iri (International Republican Institute), un’organizzazione no profit e non profit impegnata a promuovere la libertà e la democrazia in tutto il mondo, dimostrano come lo scetticismo dei cittadini circa l’utilità o l’efficacia delle procedure e delle istituzioni politiche democratiche non ha però influito sul loro attaccamento alle grandi libertà pubbliche. Infatti, il 97% degli intervistati ritiene molto importante la capacità di partecipare al processo decisionale.
POPULISTI VITTIME DI UNA POLITICA RISTRETTA E VILE
Alla luce di queste considerazioni, se lo spazio social, come sappiamo, si conferma strumento centrale per la politica e le campagne elettorali, è necessario per i leader ripensare il suo utilizzo in maniera strategica. Ampliare la platea di interlocutori e portare contenuti nuovi è fondamentale per non finire, come direbbe Constant, vittime di una politica ristretta e vile. Un monito, dunque, per ricordare a tutti i leader che «se l’elezione da parte del popolo comporta talvolta una seduzione colpevole, il più delle volte richiede mezzi onorevoli e utili, gentilezza, benevolenza, giustizia e protezione».