Per organizzazioni più agili impariamo a comunicare il cambiamento
di Gianluca Comin
Se cambia il contesto intorno a noi, a cambiare sono anche le organizzazioninelle quali lavoriamo. In un recente studio di McKinsey si riflette sul concetto di «trasformazione agile»: lasciarci alle spalle gli schemi delle organizzazioni tradizionali, rigidi ma comunque superati dai trend del presente, per abbracciare una metodologia organizzativa che necessita di nuove competenze e di uno stile di leadership rinnovato.
Non si tratta, come potrebbe sembrare, di un cambio di facciata che riguarda solo l’organigramma o la denominazione dei dipartimenti e dei ruoli.
È un cambio di passo a tutti i livelli, che è complesso soprattutto per chi deve gestire dall’alto il percorso di sviluppo di una grande realtà aziendale. Come sempre, anche la comunicazione interna ed esterna può giocare un ruolo di primo piano in questa rivoluzione.
ELASTICITÀ MENTALE E AGILITÀ ORGANIZZATIVA
L’analisi di McKinsey ci aiuta innanzitutto a inquadrare che cosa significa diventare un’organizzazione agile. Il modello tradizionale è quello statico e poco incline al cambiamento, suddiviso in silos, basato su un rigido concetto gerarchico. Un’organizzazione agile, al contrario, è un sistema vivo e vitale, pronto al cambiamento in tempi tutto sommato rapidi e sottoposto a un grado mai visto di imprevedibilità.
La focalizzazione è dichiaratamente sul cliente finale e sulle sue esigenze, la qualità distintiva è la capacità di adattarsi velocemente alle novità. Sono organizzazioni aperte, inclusive, volutamente non gerarchizzate. Sono organismi, ci dice McKinsey, che devono accettare la sfida di un’espansione delle competenze, che permetta anche di trascenderle.
Un cambiamento da non prendere alla leggera, che comporta innanzitutto un mind-set nuovo. È da un’agilità innanzitutto interiore, suggerisce McKinsey, che nasce un’agilità complessiva.
Una mente pronta alle sfide dell’organizzazione agile deve fare tre passaggi fondamentali: abbandonare un approccio reattivo e tendente a replicare i modelli del passato, impostare un rapporto con i team di lavoro che permetta la creazione di un network di unità autonome e tra loro dialoganti, facilitare la comprensione del potenziale che risiede nei mercati di riferimento anziché insistere su un ambito specifico in lotta con i competitors.
Da un cambio di mentalità discende a cascata una trasformazione del modo di lavorare in team, a tutti i livelli. Gruppi che possono essere anche di piccole dimensioni, costruiti secondo criteri nuovi come la diversity e il mix di competenze, in connessione costante con gli interlocutori chiave.
Cambiamenti che non possono restare in superficie, ma che devono concretizzarsi davvero: nel rapporto tra i livelli decisionali, nel modo in cui vengono organizzati i processi, nella cultura aziendale che viene promossa.
TRAGUARDI CONDIVISI E OBIETTIVI CHIARI PER TUTTI
Veniamo dunque al passaggio fondamentale: la comunicazione può essere il driver su cui basare il passaggio a un modello di organizzazione agile, a condizione che le azioni vengano pianificate alla luce degli obiettivi strategici di crescita della nostra azienda.
La comunicazione interna, che rischia di apparire un filone spesso dato per scontato, è in realtà una componente imprescindibile.
Promuovere la coesione di un’organizzazione, infatti, non vuol dire imporre un modello dall’alto o uniformare forzatamente l’ambito di attività dei singoli, ma porre piuttosto le basi perché l’agilità non si traduca in frammentazione o debolezza.
Si è più agili, creativi e propositivi quando i traguardi che l’azienda si è posta sono chiari e condivisi, quando le informazioni circolano con continuità, quando i traguardi di una singola area diventano momenti di orgoglio per tutti. Allo stesso tempo, ciò che comunichiamo all’esterno deve essere la vera dimostrazione dell’agilità che vogliamo raggiungere per affrontare le sfide del presente.
Non bastano le frasi fatte o i concetti ripetuti perché di moda. L’agilità si concretizza davvero quando diventa un elemento cardine dello stile di leadership aziendale: quando le idee trovano spazio senza essere soffocate sul nascere dal “si è sempre fatto così” e quando i vertici adottano un linguaggio che non crea barriere, ma fornisce una visione e un modello da perseguire.
Un approccio che può tradursi nell’uso di diversi strumenti: interviste o speech a tutto campo durante le quali condividere con audience selezionate il proprio punto di vista, documenti corporate che inseriscano il lavoro quotidiano in una “storia” più ampia, contenuti (video, audio, visuali) che diffondano una narrazione diversa sugli obiettivi e sulla vita di ogni giorno all’interno di un’azienda.
Per essere agili organizzativamente e cambiare il nostro modo di vedere le cose, occorre far leva sulla comunicazione.
Ogni cambiamento non sprigiona interamente il suo potenziale se non coinvolge quante più persone possibili, sia all’interno sia all’esterno di un’organizzazione.