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La Rivoluzione Di Macron: Essere Leader, Non “normale” Come Noi

La rivoluzione di Macron: essere leader, non “normale” come noi

Ora che il giovane Emmanuel Macron è diventato a sorpresa l’ottavo presidente della Quinta Repubblica francese è interessante fare qualche riflessione sull’immagine di questo giovanissimo ex ministro con un passato di banchiere e una formazione nelle scuole d’élite del Paese. Macron, di estrazione borghese e con un percorso professionale di altissimo livello, ha infatti sconfitto la candidata che ambiva a rappresentare il “popolo” francese tradito dalle false promesse della globalizzazione, Marine Le Pen. Lasciando da parte etichette abusate come “populismo”, la domanda che sorge spontanea è la seguente: cosa è più vincente oggi? Dimostrare la capacità di guidare un Paese grazie alle proprie competenze o fare di tutto per sembrare “normali” e nella media?

2017-05-10

Star Wars per essere come noi. La settimana precedente alla travolgente vittoria di Macron, un’altra star della politica internazionale, il primo ministro canadese Justin Trudeau, faceva nuovamente parlare di sé per via della propria eccentricità. Il giovane leader liberale, idolo dei social media, ci ha abituato a provocazioni diventate famose, dalle flessioni sulla scrivania alle photo opportunity più disparate. Quella volta aveva deciso di deliziare tutti i fan di Star Wars (che festeggiano lo storico film il 4 maggio) sfoggiando durante un incontro con il suo omologo irlandese Enda Kenny un paio di assurdi calzini che riproducevano i due robot protagonisti del kolossal. Inutile dire che il web è esploso, dimostrando la capacità di Trudeau di infrangere ogni residua barriera tra l’istituzione e i cittadini, trasmettendo un messaggio semplice ma dirompente: «Sono esattamente come voi, anche nel giorno in cui si celebra il mio film preferito».

Lo stile comunicativo del presidente Macron è ancora molto difficile da prevedere, perché è lecito aspettarsi che evolva una volta varcata la soglia dell’Eliseo. È però già certo che difficilmente seguirà le orme del suo collega d’Oltreoceano, dato che il ragazzo di buona famiglia di Amiens ha fatto dell’autocontrollo e della sobrietà i punti di forza della sua candidatura.

Macron, nè panda nè tweet sfrenati. Innanzitutto Macron è indubbiamente giovane, ma non si sforza di “fare il giovane”. Tutto, dagli outfit sempre elegantissimi al tono di voce pacato, sembra suggerire piuttosto una grande sicurezza di sé e la certezza di essere l’uomo giusto per risollevare la Francia da un periodo di stagnazione economica e timori per la sicurezza. Difficile immaginarci il compassato Macron mentre posa con due cuccioli di panda (come ha fatto il sempre estroso Trudeau) o twittare senza freni con la stessa facilità con cui il presidente americano Trump dileggia i media a lui avversi.

Discorsi studiati e senza sbavature. Anche i discorsi che Macron ha pronunciato la sera della vittoria, prima alla Nazione e poi ai sostenitori raccoltisi nella piazza antistante al Louvre, sono apparsi attentamente studiati e senza sbavature, se non per l’emozione che il giovane politico nascondeva a stento dietro l’espressione solenne. Forse è proprio per questo che i francesi lo hanno preferito in massa alla candidata dell’estrema destra, fin troppo propensa ad agitare gli spettri del terrorismo islamico e della “globalizzazione selvaggia”.

L’interrogativo resta però aperto, soprattutto se cerchiamo di ampliare il discorso ad altri contesti europei: in molti casi emerge prepotente l’ossessivo richiamo di tutti i leader (o aspiranti tali) alla loro “normalità”, spesso più un atteggiamento che una condizione effettiva.

Rischio di essere troppo distaccato. Come notato da Bloomberg, la vera sfida di Macron consisterà infatti nell’adozione di uno stile presidenziale che gli consenta di essere credibile senza per questo apparire distaccato dalla vita quotidiana dei suoi concittadini. Questo in un Paese, però, che continua a venerare la figura mitologica del generale Charles De Gaulle e che è arrivato a soprannominare “la Sfinge” il suo presidente più longevo, Francois Mitterrand.

Hollande appariva molto debole. La presidenza ostentata e fortemente personalizzata di Sarkozy, a cui è seguito il fallimentare tentativo di Hollande di apparire “normale” senza sembrare eccessivamente debole, sono esempi da non seguire. Macron dovrà in qualche modo trovare un compromesso tra la forte carica di rinnovamento anti-establishment che lo ha portato alla vittoria e il necessario senso delle istituzioni che trasforma i presidenti francesi in “monarchi repubblicani”.

In un’epoca in cui la comunicazione costante e la vetrina dei social media schiacciano tutti sullo stesso livello, normali cittadini e personaggi pubblici, è forse salutare recuperare un certo livello di distanza. Ciò non significa trasformare chi ricopre una carica pubblica in un essere privilegiato e inavvicinabile, quanto metterne in evidenza le qualità che ne hanno reso possibile la scelta.

Parole dosate: lo stile di Mattarella. Popolarità e simpatia, certo, ma anche capacità di rappresentare le istituzioni e di farsi interpreti delle paure e delle speranze dei propri elettori. Come dimostrano i rari tweet del premier Gentiloni o la sobrietà del presidente della Repubblica Mattarella, si può governare ed essere leader anche dosando attentamente le proprie comunicazioni.

*Twitter: @gcomin

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