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Incontri Con Gli Azionisti E Aziende: Meglio Guardarsi Negli Occhi

Incontri con gli azionisti e aziende: meglio guardarsi negli occhi

di Gianluca Comin

Azionisti e aziende: vogliamo guardare le persone negli occhi quando poniamo una domanda e vogliamo guardarle mentre ci rispondono».

Questa la dichiarazione, riportata dal Financial Times, con cui il combattivo Ordine delle sorelle di san Francesco ha reagito alla decisione della multinazionale del petrolio ConocoPhillips di non tenere più incontri “fisici” con i propri azionisti.

E il colosso del settore energetico non è stato l’unico grande gruppo a scegliere di sostituire questo evento fondamentale nella vita di una azienda con un’iniziativa da trasmettere solo sul web: sempre secondo il quotidiano finanziario della City, il numero di operatori che hanno rinunciato agli incontri face-to-face con i detentori delle proprie azioni è aumentato in un anno del 40% negli Stati Uniti.

Azionisti e aziende: la necessità di spiegare la “creazione del valore”

Il numero è ancora ridotto (212 aziende sono passate al virtuale nel 2017, su un totale di oltre 3.600 public companies americane) ma è il fenomeno in sé a marcare un cambio di passo che potrebbe rivoluzionare presto un settore strategico come quello delle relazioni con gli investitori.

Una componente-chiave delle relazioni con gli stakeholder tout court, come ho avuto modo di affermare più volte in questo spazio, da integrare in modo sinergico all’interno del quadro più ampio dei rapporti con tutti gli altri portatori di interesse, dai clienti ai media, passando ovviamente per le istituzioni, i dipendenti e i fornitori.

Alla base delle attività di comunicazione e reputation-building di un operatore economico c’è soprattutto la necessità di far percepire e spiegare la “creazione di valore” associabile alla conduzione quotidiana del proprio business.

Inutile dire che sono gli azionisti i soggetti ai quali il top management deve presentare, in modo efficace e sostenuto dai numeri, l’orizzonte di sviluppo dell’azienda e le ricadute positive delle scelte strategiche assunte dal top management.

Posta in questi termini, è forse più comprensibile l’irritazione delle religiose azioniste di ConocoPhillips e le motivazioni che hanno portato alla loro battaglia, peraltro vinta.

Se a essere messo in discussione è il futuro dell’investimento di un soggetto terzo legato al buon andamento di un’azienda non ci si dovrebbe limitare a organizzare uno scambio di vedute mediato da uno schermo, magari sostenendo che nell’era del digitale l’uso di questo strumento è diventato ormai indispensabile.

Il Financial Times, nel tentativo di mettere a confronto le diverse opinioni dei rappresentanti del mondo della finanza, riporta per esempio un’interessante presa di posizione di Robert Hardy, responsabile corporate governance di JP Morgan Asset Management: secondo il manager, l’incontro annuale con gli azionisti rappresenta ormai l’ultimo evento nel quale un amministratore delegato deve in qualche modo “improvvisare”, senza poter contare su una scaletta predefinita da poter seguire.

Una giusta osservazione, che mette chiaramente in evidenza la sfida comunicativa associata a questo tipo di attività.

Le opportunità di una società iperconnessa

Un’occasione che va preparata attentamente, lavorando ai materiali corporate che verranno esposti, alla presentazione e allo speech dell’amministratore delegato, al modo migliore per costruire il comunicato stampa.

Senza dimenticare, nella società iper-connessa, le opportunità di ingaggio che possono nascere sul web anche nei confronti di un’audience meno specializzata: pillole video da diffondere sui social media per ribadire i concetti più incisivi espressi durante l’incontro o e-card da pubblicare su Twitter nelle quali inserire i numeri alla base dello storytelling.

Come tutti gli appuntamenti che scandiscono la vita interna ed esterna di un’azienda, interagire con i propri portatori di interesse richiede, quando possibile, l’attivazione di strumenti diversi per dare vita a un approccio multi-canale: parlare a una determinata audience impone infatti di garantire la coerenza rispetto ai messaggi che vengono diffusi alle altre categorie di stakeholder, senza per questo rinunciare a far leva sui canali di comunicazione che vengono utilizzati con maggior frequenza per altri target.

È il caso dei social media: al di là del dibattito sul passaggio al format virtuale dei momenti di incontro con gli azionisti, la complessità e la delicatezza di questi appuntamenti riservati a interlocutori specializzati non deve impedirci di farne comunque un elemento integrante della nostra strategia generale di comunicazione, web compreso.

Veniamo però al punto fondamentale: è effettivamente sbagliato rinunciare del tutto alla “fisicità” degli shareholder meeting? L’opinione espressa dal manager di JP Morgan mi trova d’accordo.

Non si tratta di ovviare a potenziali difficoltà logistiche o di scegliere l’uno o l’altro strumento di comunicazione.

Azionisti e aziende: la fiducia nelle scelte del management e nelle potenzialità dell’azienda si crea anche con una buona dose di empatia, utilizzando le parole giuste, dando risposte convincenti e ragionate, comunicando alla platea l’entusiasmo che contraddistingue una fase di crescita o l’orgoglio che si respira dopo un’acquisizione di successo o la conclusione di un progetto all’avanguardia.

Azionisti e aziende: serve un circolo virtuoso fiducia credibilità 

È dello stesso avviso Luca Torchia, a capo delle Investor Relations per molte grandi aziende e oggi responsabile Comunicazione Esterna e Sostenibilità di Terna: «Una buona comunicazione con gli investitori non si limita a trasmettere un’informazione, ma si sostanzia nell’innescare un circolo virtuoso di fiducia e credibilità, nel quale l’elemento che fa la differenza sono le persone».

«Di conseguenza, sebbene l’innovazione tecnologica consenta di evitare incontri fisici», continua Torchia, «ritengo che questo strumento di comunicazione non sia affatto anacronistico e continuerà a rappresentare un cardine fondamentale nell’attività di comunicazione finanziaria». Un’esigenza, quella di “guardare negli occhi” gli interlocutori, che anche secondo il manager di Terna è tuttora “il miglior feedback” per valutare l’efficacia della nostra comunicazione.

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