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Futuro, Aziende E Società: Andiamo Oltre I Luoghi Comuni

Futuro, aziende e società: andiamo oltre i luoghi comuni

di Gianluca Comin

Se c’è un impegno che tutti (leader politiciistituzioni, aziende) amano proclamare a parole, e se possibile tradurre in fatti, è quello per il futuro. Per chi comunica è naturale oscillare tra l’orgoglio per ciò che si è fatto in passato, la soddisfazione per la complessità delle sfide del presente e la proiezione verso un futuro fatto di espansione, innovazione e nuovi traguardi. Pensiamo, per esempio, agli slogan che vanno per la maggiore. Da un lato si fa riferimento alla forza di una tradizione e di un’eredità storica, soprattutto nell’ambito del made in Italy. Dall’altro, è normale utilizzare concetti passe-partout che fanno presagire l’attenzione per le generazioni future e l’attenzione costante per tutto ciò che può migliorare i propri prodotti. Tradizione e innovazione, insomma, alla ricerca di un equilibrio tra “i bei tempi andati” e un futuro che può solo essere migliore del presente.

FUTURO, UNA PAROLA SPESSO ABUSATA

Eppure, “futuro” non è una parola da usare con leggerezza, soprattutto nel contesto attuale. Ce lo ricorda Remo Lucchi, presidente dell’advisory board di Eumetra Mr e uno dei padri delle ricerche di mercato, in un documento di riflessione sul tema “star bene oggi e in futuro”. La dicotomia interessante è quella tra “oggi” e “futuro”, che Lucchi definisce «due momenti collegati della stessa sceneggiatura», da leggere alla luce dello spirito dei tempi e dell’evoluzione della nostra società. I protagonisti di questa sceneggiatura sono quelli che l’esperto definisce «la nuova gente»: persone comuni che vogliono vivere appieno questo momento e che non si accontentano più della generica aspettativa di una vita migliore in un futuro più o meno remoto.

È una riflessione di carattere sociologico che nella sua immediatezza si presta a molteplici interpretazioni e che è utilissima per chi fa il nostro mestiere. Non va letta ovviamente con toni dispregiativi, criticando un eccesso di edonismo o l’appiattimento sul presente. È piuttosto uno stato d’animo da prendere in considerazione, perché è quello che rappresenta forse al meglio i nostri stakeholder: il desiderio ineludibile non tanto di accumulare risorse materiali nell’immediato, quanto di raggiungere quella che Lucchi definisce «una nuova progettualità nella quale identificarsi».

LA RESPONSABILITÀ DI CHI HA UN RUOLO GUIDA

Il futuro, dunque, è già contenuto nel presente. Non è una fase lontana e all’orizzonte, quanto un qualcosa che «si fa sentire già adesso», che è incluso in potenza in tutto ciò che facciamo oggi. Sono le scelte a fare la differenza: che cosa facciamo per stare bene con il nostro corpo e con noi stessi, quale lavoro siamo disposti ad accettare per trovare un equilibrio soddisfacente e un percorso professionale che ci faccia sentire realizzati, quali sono gli attori (le istituzioni, le aziende ecc.) ai quali possiamo accordare la nostra fiducia senza vedere i nostri ideali traditi o ciò in cui crediamo calpestato.

La responsabilità è dunque enorme, sia per coloro che hanno un ruolo di guida nella società sia per tutti gli operatori economici che basano la propria crescita sul soddisfacimento di un bisogno. Ciò che realizzeranno dovrà essere orientato a fornire strumenti per una vita piena nel breve periodo, senza per questo pregiudicare le grandi direttrici che l’opinione pubblica ha da tempo scelto come cardine imprescindibile del futuro: la qualità della vita, il rispetto dell’ambiente, l’armonia tra vita professionale e privata, l’eliminazione delle disuguaglianze sociali più stridenti. È chiaro dunque che per parlare di futuro non basta far presagire un’evoluzione tecnologica dai contorni vaghi o un benessere economico imperniato solo su una base puramente materiale. Occorre fare una riflessione più ampia ed essere coerenti con questa.

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