Avviso ai comunicatori: l’insidia del nostro tempo è l’iper-modernità
Di sondaggi ne leggiamo molti e di tutti i tipi, sia politici sia di opinione. Una rilevazione condotta nell’ambito di una determinata categoria professionale può essere però particolarmente utile per testare la rilevanza di alcuni fenomeni e valutare la visione delle tematiche strategiche per l’evoluzione del “mestiere”. Un mestiere, quello del comunicatore, che è al centro dello European Communication Monitor (Ecm), di cui è stata diffusa in questi giorni l’edizione 2017. Lo studio si basa sulle risposte di 3.387 professionisti senior dei principali Paesi europei e fornisce uno spaccato interessante dell’orientamento dei comunicatori relativamente ai trend che contraddistinguono il nostro mondo.
L’importanza della comunicazione visuale. Partiamo da uno degli argomenti che sembra essere ormai tra quelli dominanti: la comunicazione visuale. Il consenso sulla sua importanza raggiunge percentuali bulgare: circa il 95% dei colleghi ritiene infatti che la capacità di rendere visualizzabili i contenuti sia determinante per il successo delle attività di comunicazione. Una consapevolezza, dichiarano gli intervistati, che deriva anche dalle crescenti richieste dei propri interlocutori, che negli ultimi tre anni hanno visto aumentare esponenzialmente il bisogno di ricorrere a immagini e infografiche, ma anche a video da caricare online e fotografie facilmente condivisibili. C’è solo un problema: solo il 4,6% dei professionisti ha già messo in atto processi manageriali che permettano di gestire questo tipo di attività e solo uno su 10 ritiene di aver sviluppato competenze in questo campo.
La frontiera dei Bot. Oltre alle immagini, un’altra frontiera della comunicazione è rappresentata dai cosiddetti Bot. Programmi che interagiscono con gli utenti di un servizio online, come una chat, un sito web o un’applicazione di messaggistica, esattamente come se fossero un essere umano. Un fenomeno, rivela il report, che ha ottenuto grande visibilità mediatica in un periodo caratterizzato da campagne elettorali combattute sul web a colpi di account e informazione online. L’attenzione non si è però ancora tradotta in una tendenza ad approfondire a sufficienza le potenzialità di uno strumento così dirompente. Solo un terzo dei comunicatori ha dichiarato di aver seguito con attenzione il dibattito in corso e quasi il 16% ammette di non avere ancora un’idea chiara di che cosa si tratti. Un dato mi ha però colpito: oltre il 73% concorda sul fatto che i Bot rappresentano una sfida etica fondamentale per la professione.
Se da un lato i Bot possono infatti rappresentare un enorme vantaggio per le imprese in materia di customer care, dall’altro sono strumenti in grado di dare avvio a una moltitudine di discussioni sui social che, se mal gestite o trascurate, potrebbero condurre l’azienda verso una crisi reputazionale. Allo stesso tempo, però, il 14,7% dei dipartimenti e delle agenzie di comunicazione intervistate già utilizzano o intendono utilizzare i Bot, riconoscendo quindi le opportunità che ne derivano per la propria attività quotidiana. Come spesso accade, si tratta dunque di prendere le misure e di soppesare rischi e benefici.
La sfida dei social media. Qual è la sfida principale per i comunicatori secondo l’Ecm? Il 40,4% degli intervistati dichiara che quello della comunicazione digitale e dei social media è il campo da presidiare con maggiore attenzione. Un dato che, poco sorprendentemente, è stato in costante crescita negli ultimi anni e che va letto dalla giusta angolazione: non tanto il web “per starci in qualche modo”, quanto per non lasciare sguarnito uno spazio irrinunciabile di ingaggio dei principali portatori di interesse della nostra organizzazione. Facebook, Twitter e i blog sono i canali preferiti dal 90,4% degli intervistati, a cui seguono i giornali e i magazine online da raggiungere con adeguate attività di media relation. Attenzione: i social non prevalgono sui canali tradizionali, ma si affiancano a essi come vettori su cui investire tempo, risorse e contenuti.
Il concetto di iper-modernità. Infine un concetto che ben rappresenta il momento storico che stiamo vivendo: l’iper-modernità. Un contesto in cui i consumi tendono a essere portati sempre più all’eccesso, con un ritmo di cambiamento spesso complesso da gestire e con il rischio di inciampare in punte eccessive di individualismo. Una definizione moralistica? Piuttosto un’utile provocazione inserita nella rilevazione per cercare di sintetizzare in una formula il contesto in cui ricadono le nostre azioni di comunicazione. Un prefisso, quello adottato dallo European Communication Monitor, che indica la moltiplicazione di canali e spazi e la sfida, ormai ineludibile, di studiare modalità sempre nuove per raggiungere i nostri interlocutori. Perché per essere comunicatori di successo dobbiamo innanzitutto conoscere il pubblico che abbiamo di fronte: le sue priorità, i suoi dubbi, la sua visione del presente e del futuro.
* Professore di Strategie di Comunicazione, Luiss, Roma