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Informazione A Prova Di Social Network, Guida Per Sopravvivere

Informazione a prova di social network, guida per sopravvivere

Il rapporto tra grandi gruppi editoriali e social media è da tempo sotto i riflettori. Accantoniamo una volta per tutte le rivendicazioni delle due parti e le “nostalgie” di comodo. Tornare indietro di 20 anni è impossibile e se c’è un errore che la carta stampata (e i media in generale) non possono permettersi di commettere è proprio quello di limitarsi a “contenere i danni” sperando che la tempesta finisca.

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Il ciclo della rete cannibalizza. La tempesta non finirà perché è il contesto a essere drammaticamente cambiato, scardinando abitudini di consumo consolidate e sottoponendo i contenuti editoriali alla pressione del ciclo informativo della Rete e alla moltiplicazione dei canali. Con un elemento interessante in più: oggi anche i social network e i nuovi giganti della Silicon Valley si interrogano sempre più frequentemente sul loro ruolo nella società. Perché un peso maggiore in economia comporta anche la responsabilità di definire una visione e di identificare una mission coerente con i propri obiettivi.

Partiamo dal futuro dell’editoria. Sono stati scritti fiumi di inchiostro sulla “morte dei giornali” e sulle difficoltà attraversate da storici gruppi editoriali in Italia e all’estero. Liberiamoci subito da un preconcetto: aprire le porte al digitale non è per forza di cose l’elisir di lunga vita. Quello che conta davvero è piuttosto la capacità di valorizzare la storia e l’autorevolezza della testata per farne il punto di forza di una strategia di diffusione dei contenuti che mixi la carta stampata, il sito web, la versione digitale e i social media.

Bezos ha una chiave per il futuro. Abbiamo di recente festeggiato i 150 anni del quotidiano di Torino La Stampa. Durante il convegno #TheFutureofNewspaper, a conclusione delle celebrazioni, alcuni protagonisti dell’editoria internazionale si sono confrontati sulla loro visione del futuro del settore. Ho trovato particolarmente interessante l’intervento di Jeff Bezos, nella sua duplice veste di fondatore di Amazon e di proprietario del quotidiano statunitense Washington Post.

Grandi storie e bacino di abbonati. L’acquisto del giornale da parte del magnate dello shopping online non è un semplice capriccio né un tentativo di giocare un nuovo ruolo senza la consapevolezza delle sfide che esso comporta. Bezos ha riassunto in 10 punti la sua idea, evidenziando l’importanza degli investimenti (senza escludere i tagli), la necessità di adottare metriche digitali nell’elaborazione dei contenuti e di definire strategie di business di lungo termine, la correlazione tra la pubblicazione di “grandi storie” e il consolidamento del bacino degli abbonati.

Niente di nuovo, potrebbe obbiettare qualcuno. A mio avviso la passione genuina di Bezos per il buon giornalismo dovrebbe spingere tutti, editori e lettori, a riscoprire il senso stesso del fare informazione: non solo fornire aggiornamenti in tempo reale (a quello ci pensa il calderone della Rete), quanto piuttosto mettere a disposizione chiavi di lettura della realtà che ci circonda. In un’epoca di fake news, un bisogno vitale per una società che rischia di essere travolta da un eccesso di informazione e dalla mancanza di strumenti efficaci per valutare l’autorevolezza delle fonti.

Avvicinamento a ritmo sostenuto. L’avvicinamento tra i due mondi, quello dell’editoria e quello dei social media, sta procedendo a ritmo sostenuto. Ci sono colloqui tra News Corp., il gruppo del Wall Street Journal e del Times di Londra, e la società Facebook. Il Ceo di News Corp. Robert Thomson ha dichiarato proprio a Torino che l’interlocuzione con Mark Zuckerberg è volta innanzitutto alla valorizzazione dei contenuti veicolati dalla sua piattaforma. L’accordo con Facebook, secondo Bloomberg, potrebbe essere volto ad attivare abbonamenti digitali che compensino in qualche modo il gruppo editoriale dei mancati introiti della pubblicità online, dirottata in gran parte su Facebook e Google.

Contenuti sui social monetizzabili. Anche Mathias Döpfner, del gruppo editoriale tedesco Axel Springer, ha sostenuto a margine di un convegno giovedì 22 giugno 2017 che a breve sarà possibile monetizzare la disponibilità di contenuti editoriali sui social media. Una boccata di ossigeno per molte testate.

Il cambio di paradigma sta investendo anche i social network, sempre meno facilmente catalogabili come mere reti di contatto tra utenti. Lo stesso Zuckerberg ha affermato il 23 giugno in un summit a Chicago che è tempo per la sua società di dotarsi di una nuova mission: non solo “connettere” le persone, ma soprattutto creare comunità online con importanti risvolti offline.

Applicazione non sfruttata al meglio. Il mondo, secondo il fondatore del social media più diffuso, non può crescere mettendo semplicemente in rete le persone. Ciò che conta davvero è fornire loro gli strumenti per creare gruppi in cui una causa condivisa o un obiettivo comune diventano il fattore mobilitante. Sarà dunque questa la priorità di Facebook nei prossimi anni, rivitalizzando un’applicazione (i gruppi) che non è stata finora sfruttata al massimo del suo potenziale. In questo contesto, un’informazione a prova di social può davvero fare la differenza.

*Twitter: @gcomin

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