Il bersagliato spot Rai su Sanremo un senso (sotto sotto) ce l’ha
Potrebbe sembrare quasi un paradosso: come comunicare se si è responsabili delle attività di comunicazione di un grande network televisivo o di una media company? Le sfide sono esattamente le stesse a cui deve far fronte un’azienda tradizionale: valorizzare i propri punti di forza, raccontare i successi, stabilire un rapporto costruttivo e di fiducia con il mondo dell’informazione, dialogare in modo efficace con gli stakeholder più rilevanti e garantire che le risorse interne siano coinvolte.
Mix di linguaggi diversi. Guardiamo, per esempio, al caso della Rai e a come stanno evolvendo le strategie comunicative della tivù di Stato guidata da Antonio Campo Dall’Orto e dalla squadra della comunicazione di Giovanni Parapini. Essere servizio pubblico, indubbiamente, comporta l’adozione di uno stile diverso (più istituzionale e in linea con la sensibilità del Paese), ma non per questo rigido o poco innovativo. Quello che fa la differenza è sempre la capacità di dosare linguaggi diversi, mixando strumenti di comunicazione senza perdere mai il gusto per la sperimentazione.
Le attività di Corporate social responsibility e il valore che un’azienda è in grado di creare e restituire alla società in cui opera sono un pilastro delle attività di comunicazione strategica. La comunicazione di ciò che facciamo non può prescindere da una narrazione efficace di ciò che siamo e intendiamo fare per la collettività. Solidarietà, ma anche disponibilità a promuovere processi virtuosi nell’area di propria competenza e a sfruttare per altri scopi circuiti normalmente utilizzati a fini di business.
Una missione sociale. Il servizio pubblico non si esplica solo in un generico richiamo alla natura di televisione di Stato, ma anche in progetti che ne rispecchino concretamente l’impegno per gli italiani, come la raccolta fondi promossa a favore delle popolazioni colpite dal recente terremoto nel Centro Italia. Un progetto che prevede un numero per le donazioni e il coinvolgimento di tutti i canali radiofonici e televisivi nella promozione dell’iniziativa, che si concentrerà in particolare sulla ricostruzione delle scuole nelle località colpite. «Ricominciamo dalle scuole», oltre che avere un impatto concreto sulle esistenze delle ragazze e dei ragazzi che potranno tornare tra i banchi grazie agli spettatori, permette alla Rai di rendersi utile al Paese proprio in virtù di ciò che sa fare meglio: comunicare, informare, sensibilizzare.
Scegliere il tono per una campagna di comunicazione è sempre impegnativo e intrigante: rimanere nel solco della continuità senza eccessivi elementi di rottura oppure adottare uno stile disruptive che verrà interpretato da molti come una provocazione? Un quesito che si saranno sicuramente posti anche i dirigenti Rai impegnati nella promozione dell’edizione 2017 del Festival della canzone italiana di Sanremo.
Pubblicità criticata. La kermesse, prevista dal 7 all’11 febbraio con la conduzione di Carlo Conti e Maria de Filippi, è l’emblema per antonomasia della tradizione italiana, non solo in ambito musicale: uno show che è diventato una sorta di liturgia per gli addetti ai lavori e un appuntamento fisso per milioni di telespettatori. Lo spot scelto ha provocato una girandola di reazioni, sia sulla stampa sia sui social media: mentre tre giovani donne attendono in una sala d’aspetto, i bimbi che portano in grembo si muovono al ritmo di Non ho l’età, la celebre canzone di Gigliola Cinquetti.
Un po’ massive attack. Esagerazione? Tentativo di attirare l’attenzione a discapito dei contenuti effettivi dello show? Forse, ma quello che conta è che una manifestazione spesso associata a nostalgie passatiste venga comunicata in modo fresco e innovativo, mescolando un cavallo di battaglia degli Anni 60 con un video che ricorda quello di Tear Drop, il successo dei Massive Attack. Perché Sanremo è per tutti, no?
Non c’è tivù generalista che non abbia nella sua offerta fiction in grado di plasmare l’immaginario collettivo e di appassionare un pubblico variegato con le vicende raccontate nel corso delle varie puntate. L’ultima arrivata in casa Rai è I bastardi di Pizzofalcone, che vede come protagonista Alessandro Gassman, nei panni dell’ispettore Giuseppe Lojacono.
In risposta a Netflix. Una serie nata dai libri di un maestro del giallo come Maurizio De Giovanni e che regala agli spettatori uno spaccato autentico di una Napoli imperdibile. La storia di una squadra di poliziotti imperfetti e per questo godibilissimi, non è solo disponibile sui canali Rai, ma anche sull’app di Rai Play e su computer grazie a Rai Replay. Un’esperienza di visualizzazione che, nell’era del binge watching e di Netflix, è perfettamente in linea con le aspettative di uno dei pubblici più esigenti: i consumatori di serie.
Comunicare è una sfida. Mantenere un dialogo costante con il Paese anche nei momenti di emergenza, comunicare le punte di diamante del proprio palinsesto senza paura di sperimentare, creare contenuti innovativi da “consumare” quando e dove si preferisce. La Rai di Campo dall’Orto sembra aver colto la sfida di comunicare il proprio ruolo come attore fondamentale del mondo della comunicazione.
*Twitter: @gcomin