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Rammendare Le Periferie? Senza Web Ogni Sforzo è Vano

Rammendare le periferie? Senza web ogni sforzo è vano

In questi mesi si è molto discusso di elezioni amministrative e di governo delle città.
Lasciando da parte le inevitabili interpretazioni politiche di quanti hanno guardato a queste consultazioni più come a un test di tenuta del governo che a una sfida sui programmi e sulle proposte di policy, mi piacerebbe concentrarmi sui dati più significativi che emergono dalle urne.

A ridosso del voto di domenica scorsa che ha sancito il successo del Movimento 5 Stelle con Virginia Raggi a Roma, Lettera43.it ha pubblicato un’interessante analisi di Alberto Bellotto sulle mappe del voto nei principali centri urbani.

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Foto di Piero Donadeo

Il caso Raggi. Raggi ha riscosso percentuali di consenso significative nella cintura esterna della città, mentre nel primo e nel secondo municipio (il centro storico, per i non romani) il distacco tra la grillina e Giachetti è stato molto più ridotto. A Tor Bella Monaca, Raggi ha sfiorato il tetto dell’80%, mentre sul litorale (Ostia) ha incassato oltre il 76%.

Rivolta dei sobborghi contro l’oasi del centro più borghese ed economicamente in salute?
Mi piacerebbe riflettere su questo punto, perché è anche sul legame di mutuo arricchimento tra le periferie e il nucleo storico di una città che si basano le prospettive di rilancio urbano.
La vecchia idea dei “quartieri-dormitori” densi di brutte costruzioni standardizzate e dei centri svuotati a uso e consumo dei turisti è una dicotomia che non ci porta lontano.

Le città del futuro. L’architetto di fama internazionale e senatore a vita Renzo Piano ha usato in passato una bellissima espressione per indicare l’esigenza di tenere insieme il tessuto sfilacciato delle nostre città: «Rammendare le periferie».
Quelle periferie di cui Piano denuncia la fragilità, ma che indica anche come le città del futuro. Città embrionali che scontano ancora forti limiti in termini estetici e funzionali, ma sono ricche di umanità, energia e creatività.

Affermare che i risultati politici di questa tornata di Amministrative sono stati decisi nelle periferie significa anche riflettere sul modo in cui stanno cambiando e sulle politiche da mettere in campo per avviare questa urgente opera di “rammendo”.

La rivoluzione digitale come opportunità

La prima strategia che mi viene in mente passa per la rivoluzione digitale che stiamo vivendo: connettere queste aree urbane in termini di accesso al web, non solo con nuove linee di metropolitana.
Il gap digitale è un poderoso fattore di rallentamento dello sviluppo. Il web è innovazione tecnologica, strumento di business e una fonte sempre più rilevante di informazione.

Un rapporto del 2013 dell’Istat, dati alla mano, dimostrava come la piena “cittadinanza digitale” si traduca in maggiore disponibilità a partecipare ad attività nel mondo reale, poiché la molteplicità di stimoli provenienti dalla Rete ha un effetto diretto sulle fasce più deboli della popolazione.

Il potere del web. È su Internet che una quota crescente degli elettori cerca informazioni, elabora la propria posizione, decide se andare alle urne. Il sociologo Antonio Preiti ha intitolato «Le prime elezioni vinte da Internet» un report sulle decisioni di voto alle Amministrative pubblicato da Sociometrica e Pragma.

Per quanto riguarda i mezzi di informazione, la tivù mantiene il primato per il 32% degli intervistati, mentre si registra l’impetuosa crescita di Internet (al primo posto per il 26%) e la dimensione limitata dei quotidiani (più rilevanti per appena il 15%). Su 100 persone che hanno votato Raggi, quasi una su due giudica la Rete lo strumento di informazione più importante.

Inoltre, si è votato anche sulla base della propria percezione del contesto di riferimento. Una componente emotiva che non è solo paura e scetticismo, ma soprattutto senso del dovere (per il 43% degli intervistati) e fiducia (22%).

Arginare la rabbia. La rabbia, a sorpresa, è il sentimento prevalente tra coloro che hanno più di 55 anni e non, come ci saremmo potuti aspettare, tra i giovani. Un risultato che va letto anche alla luce di quanto affermava il già citato rapporto Istat: è l’età a tracciare il solco più profondo tra utenti e non utenti del web.

L’uso della Rete è elevatissimo nella fascia d’età 18-34 anni, scende leggermente tra i 34 e i 54 e si riduce significativamente oltre la soglia dei 55 anni. Se ad esprimere sentimenti negativi sono i settori più maturi della nostra società, ciò potrebbe essere legato anche all’accesso ancora limitato alle potenzialità della Rete.
Navigare sul web in modo costruttivo e consapevole permette di mettere alla prova le proprie convinzioni, di ampliare lo sguardo, di soppesare le opinioni. Se vogliamo costruire periferie integrate nella vita e nel tessuto delle città dobbiamo impedire loro di diventare serbatoi di rabbia e di frustrazione.
Il valore inclusivo di Internet è fondamentale.

Twitter @gcomin

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