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La Comunicazione Politica Di Zuckerberg, Bei Proclami Per Non Pagare Le Tasse?

La comunicazione politica di Zuckerberg, bei proclami per non pagare le tasse?

Risale al 16 febbraio 2017 la pubblicazione sulla pagina personale del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, di un lungo post ad alto contenuto politico, subito etichettato come il “manifesto programmatico” dell’amministratore delegato del social media più amato al mondo. Manifesto o no, l’appello di Zuckerberg (quasi 6 mila parole) è denso di concetti e buoni propositi illustrati alla grande famiglia degli utenti Facebook proprio con l’intento di «costruire una comunità globale».

Contro gli anti-globalizzazione. La dichiarazione d’intenti dell’ex ragazzo prodigio di Harvard non è passata inosservata. Molti esperti si sono divertiti ad analizzare il suo appello denunciandone la vaghezza o richiamando l’attenzione sull’uso insistente del concetto di «infrastruttura sociale» per descrivere il ruolo di Facebook. Altri ne hanno criticato il generico progressivismo e il velato riferimento agli avversari della globalizzazione, senza però fare nomi e cognomi.

Inutile dire che ergersi a difensore dei benefici derivanti da un maggior livello di interconnessione significa rimarcare la propria differenza rispetto a figure controverse come quella del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, portatore di una visione incentrata sugli Usa e sulla creazione di barriere contro i pericoli, politici ed economici, provenienti dall’esterno.

Tour in tutti gli Stati d’America. L’appello universalista di Zuckerberg è sembrato quasi un’anticipazione della sua voglia di scendere in campo e di dismettere i panni dell’imprenditore per indossare quelli del politico. Questo non sarebbe l’unico segnale in tal senso: all’inizio del 2017 ha annunciato infatti la decisione di impegnarsi a visitare tutti gli Stati d’America per parlare alla gente e discutere con le persone del presente e delle sfide del futuro. Se Zuckerberg studia da leader politico, lo scopriremo forse tra qualche anno. Certo, l’ad di una società che controlla i dati di miliardi di utenti non sarebbe esattamente un candidato convenzionale. Per qualsiasi carica pubblica.

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Considerazioni politiche a parte, cerchiamo di analizzare l’impatto comunicativo dell’appello e la possibilità, per ora ancora sulla carta, di utilizzare il network della propria azienda come trampolino di lancio per una campagna elettorale. Innanzitutto, a sorpresa, il post di Zuckerberg si rivela piuttosto lungo e articolato, nonché denso di concetti. È chiaro che il target è per ora la variegata comunità del social network, ma viene indubbiamente a mancare uno degli elementi di forza di un debutto politico: poche parole che sintetizzino perché quel candidato è differente.

Manca uno slogan alla Obama. Se pensiamo all’impatto dirompente che hanno avuto le parole “cambiamento” e “speranza” nella costruzione dell’immagine pubblica del semi-sconosciuto Barack Obama sorge spontaneo chiedersi: come si riassume in un concetto la visione del mondo e della politica di Zuckerberg? L’ottimismo per la globalizzazione e il generico richiamo a valori come l’inclusione rischiano di non restare impressi nella mente di chi ascolta e difficilmente possono ambire a trasformarsi in parole chiave immediatamente identificabili con un candidato.

Inoltre, quale sarebbe il bacino di elettori ai quali Zuckerberg potrebbe rivolgersi? Gli utenti iscritti alla sua piattaforma sono eterogenei e con orientamenti politici diversi. Molti di loro, addirittura, sono più inclini a essere d’accordo con gli slogan di Donald Trump e dunque indifferenti o contrari all’approccio del fondatore di Facebook. Su quali basi il popolo del social network dovrebbe trasformarsi nel partito di Zuckerberg?

Macron ha trovato una direzione. È vero, il giovanissimo candidato alle Presidenziali francesi Emmanuel Macron ha messo insieme dal nulla un movimento popolare che sta diventando uno dei protagonisti delle elezioni 2017. In questo caso, però, il messaggio di fondo è facilmente comprensibile a tutti: «En Marche!» (in marcia) verso una Francia migliore, liberale ed europeista. Quale sarebbe la direzione con Zuckerberg?

In attesa di offensive regolatorie? Potremmo dunque concludere che la lettera di Zuckerberg assomiglia molto di più all’intervento pubblico di un amministratore delegato che a un manifesto politico. In questi casi, è importante presentare in modo puntuale i valori sulla base dei quali opera l’azienda e la visione del ruolo che essa ambisce a occupare nella società. Su questo Zuckerberg è stato chiarissimo ed efficace: Facebook non è solo uno spazio di intrattenimento e comunicazione, ma uno strumento formidabile per costruire legami a livello globale in un momento storico delicato come quello che stiamo vivendo. Che sia un modo per anticipare e frenare offensive regolatorie e fiscali?

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