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La Concretezza Del Futuro

La concretezza del futuro

di Stefano Betti

Il mondo in cui viviamo è interamente figlio degli ultimi vent’anni. Un arco di tempo in cui l’innovazione tecnologica ha trasformato a una velocità senza precedenti le nostre azioni quotidiane, il nostro modo di vivere e lavorare. Siamo stati testimoni di cambiamenti paragonabili a quelli che nel passato si sono dispiegati nel corso di secoli. La trasformazione prosegue ogni giorno senza sosta e le sfide che abbiamo davanti si fanno sempre più complesse: i cambiamenti climatici, la transizione demografica, la migrazione, la progressiva concentrazione della popolazione nelle aree urbane. 

E proprio le città, motore d’innovazione nel passato e che oggi sembrano invece ripiegarsi su sé stesse, devono tornare a essere al centro delle nostre azioni e strategie per il futuro.   

Oggi si stima che viva nelle città il 55% della popolazione e che si passerà al 68% entro il 2050. Alcuni Paesi esteri si stanno organizzando e rimettendo in discussione l’articolazione dei loro tessuti urbani. Da noi il dibattito su come raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Onu per il 2030, e cioè «rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili», è più che mai aperto. Sotto questo profilo il settore delle costruzioni svolge un ruolo fondamentale nel dare il proprio contributo per ridisegnare le città, alla luce di parole chiave che stanno guidando le scelte e su cui le nostre imprese dovranno sempre più orientarsi: qualità, connessione, green, efficientamento energetico, sostenibilità, socialità. 

La sfida da affrontare è quella di una domanda di prodotto più esigente, di livelli di performance più articolati e orientati a dare risposte concrete ai bisogni delle comunità. Ricostruire la città significa restituire identità a un territorio e alle persone che lo vivono, ricomporre i divari e restituire valori. È il concetto di senseable city sviluppato dall’architetto e urbanista Carlo Ratti: una città che deve essere sensibile, cioè capace di sentire e di rispondere alle esigenze delle persone, mettendole al centro dei progetti urbani, con grande attenzione alle specificità dei territori e alle loro mutazioni. 

L’obiettivo, da raggiungere con un approccio “multistakeholder”, è quello di creare luoghi sempre più vivibili e accoglienti. A questo scopo interessi pubblici e privati dovranno sempre di più dialogare attraverso un metodo integrato, multidisciplinare, collaborativo, nell’ambito di nuovi strumenti finalizzati proprio ad agevolarne l’incontro. 

È essenziale che la pianificazione delle città sia orientata a un ripensamento totale del disordine spesso causato da modelli di approvazione di processi costruttivi a scala di edificio, senza una concreta attenzione al contesto urbano circostante, al rinnovamento delle componenti fisiche della città insieme con i tessuti economici e sociali, le reti di collegamento, le infrastrutture. Invece è necessario che un processo di costruzione intercetti, mappi gli interessi coinvolti e trasformi le esigenze in progetti strategici e evolutivi. L’imperativo deve essere la capacità di far fronte in maniera positiva ai cambiamenti, riorganizzando tempestivamente il proprio tessuto. Servono, per questo, strumenti di pianificazione flessibili e in grado di accogliere e rispondere rapidamente alle nuove esigenze economiche e sociali. Su queste basi le città dovranno crescere su loro stesse, modificando il proprio assetto e densificando i propri ambiti, soprattutto quelli più vicini ai nodi del trasporto pubblico, nell’ottica della flessibilità di spazi e funzioni.  

In altre parole, è necessario abbandonare i tradizionali schemi di classificazione del territorio in macro-aree funzionalmente specializzate garantendo all’interno del territorio urbanizzato la variabilità funzionale tra le destinazioni d’uso. Occorre incentivare, inoltre, politiche funzionali alla rigenerazione del patrimonio edilizio che può includere la sostituzione edilizia, il riuso e la riqualificazione, la riorganizzazione dell’assetto urbano, anche attraverso il recupero e la rifunzionalizzazione delle aree degradate o dismesse, l’integrazione e l’arricchimento delle funzioni soprattutto nelle aree sottoutilizzate. 

Obiettivi importanti e ambiziosi che richiedono una presa di responsabilità da parte di tutti a partire dalle istituzioni nazionali, chiamate a colmare con urgenza le lacune normative che, soprattutto dal punto di vista urbanistico-edilizio, impediscono il cambiamento e mostrano attualmente la loro totale inadeguatezza. Se davvero il futuro delle città italiane deve essere identificato nella loro capacità di rigenerarsi, allora occorre ideare e realizzare un sistema legislativo che consenta di farlo in modo rapido e efficace. 

Solo così potremo restituire bellezza alle nostre città, che si distingueranno non solo nel creare attrattività culturale, ma anche nel saper rispondere celermente ai nuovi bisogni dei cittadini.  

 

Stefano Betti è Vicepresidente elettivo, con delega a Edilizia e Territorio di Ance. Imprenditore di seconda generazione e presidente di Costruzioni Generali Due srl, impresa di grande rilievo nel panorama dell’edilizia industriale e civile, pubblica e privata, del Comune di Modena. La storia dell’azienda è caratterizzata dalla realizzazione di importanti opere pubbliche, numerosi interventi urbanistici e di restauro di edifici storici e di culto, un’intensa attività di sviluppo immobiliare e di edilizia residenziale sociale. Numerosi sono stati gli interventi nella ricostruzione post-sisma dell’Emilia-Romagna e del Centro Italia. Da sempre attivo a livello associativo, Stefano Betti è stato Presidente di Ance Emilia-Romagna, Consigliere gruppo giovani di Confindustria Modena, Presidente di Ance Modena, Tesoriere presso Ance Emilia Romagna e componente del Cvac di Ance.

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