I grandi eventi, motore dello sviluppo urbano
di Giampiero Massolo
Negli ultimi decenni abbiamo assistito all’emergere di un nuovo ruolo delle città, sviluppatosi nel segno dei processi di globalizzazione. A livello mondiale si è constatato in effetti un vero e proprio “ritorno alla città”, che alla luce dei paradigmi del passato sembrava tanto inatteso quanto improbabile.
Grazie all’immagine di deficit di efficienza proiettato in alcuni casi dallo Stato-nazione, alla moltiplicazione delle opportunità di intercettare anche a livello locale i flussi associati agli scambi globali e alla frammentazione dell’economia mondiale in catene del valore segmentate. Le città hanno gradualmente guadagnato il ruolo di attori decisivi sul proscenio internazionale, trovandosi spesso in competizione tra loro. Il riposizionamento è così diventato uno degli obiettivi prioritari delle città del Terzo Millennio, finalizzato non solo alla crescita delle attività produttive, ma anche alla loro diversificazione, così come all’attrazione di nuovi flussi turistici.
Oggi vediamo come nuovi programmi di riqualificazione territoriale vengano messi in campo: in coerenza con il progressivo affacciarsi di nuove politiche urbane e strategie di sviluppo delle città, i mega eventi – le Esposizioni Universali, i Giochi Olimpici ed altre manifestazioni di natura sportiva, culturale, politica o religiosa – mostrano in questo contesto tutto il loro potenziale. Essi si affermano come strumenti crescentemente in grado di mobilitare verso le città ospitanti ingenti risorse economico-finanziarie e garantire loro una visibilità molto superiore all’ordinario.
L’obiettivo di ospitare mega eventi – soprattutto in seguito alla fortunata esperienza dei Giochi Olimpici di Barcellona del 1992, codificata dalla letteratura quale modello virtuoso cui riferirsi – si è così tramutato in una strategia a cui molte città guardano quale motore di crescita e detonatore di processi di rinnovamento nei campi più vari, dallo sviluppo infrastrutturale al riposizionamento turistico, fino all’adeguamento delle classi dirigenziali dei municipi, chiamate ad un dinamismo e ad una diversificazione di competenze sempre maggiori. Dinamiche che la velocità dei nostri tempi rende inevitabilmente sempre più complesse.
La ricerca del grande evento come driver di progresso in tanti campi tende a giovarsi della creazione di una nuova apposita narrazione di ampio respiro, in grado di fare leva sui fenomeni di ristrutturazione economica, di ricomposizione sociale e di superamento della crisi dei paradigmi tradizionali che caratterizzano le città dei giorni nostri. Le città che si aggiudicano l’organizzazione di un grande evento sono così stimolate ad essere ambiziose e ad avviare ambiziosi programmi di ammodernamento del tessuto abitativo e infrastrutturale. Essi possono andare dal semplice rebranding della propria immagine internazionale ad articolati interventi di riqualificazione urbana e territoriale.
È perciò innegabile che i grandi eventi abbiano un grande impatto sulle città in cui si svolgono. Per amplificare tale impatto, tuttavia, è necessario che essi si svolgano in osmosi con il territorio. Essi devono pertanto “dialogare” con l’ecosistema socio-economico nel quale insistono, coinvolgere le comunità locali, renderle partecipi degli obiettivi di quella che deve apparire come una vera e propria sfida collettiva.
La competizione per accaparrarsi il diritto di ospitare un grande evento è sempre più dura. Una candidatura che voglia avere concrete prospettive di successo deve fondarsi su idee illuminate, su una visione del futuro e su una progettualità rigorosa. Il rischio, oltre all’insuccesso nella gara, è anche quello di generare squilibri territoriali, rivendicazioni e tensioni sociali e, soprattutto, perdite economiche ingenti.
Non è un caso, dunque, che il tema prescelto per Expo Roma 2030 “Persone e Territori: Rigenerazione, Inclusione e Innovazione” sia stato concepito fin dall’origine per assicurare al progetto una dimensione tanto globale quanto locale. Si tratta in effetti di una visione, da un lato, strettamente collegata ai Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e, dall’altro, pienamente coerente con gli obiettivi di rilancio della città di Roma. Si tratta, in definitiva, di definire modelli di crescita degli habitat umani che non pregiudichino il benessere degli ecosistemi e siano orientati ad una rigorosa sostenibilità. Un obiettivo che trova una sua attualissima ragion d’essere ad ogni latitudine, specie nel mondo di oggi segnato dalle conseguenze dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.
L’azione di rigenerazione promossa da Expo Roma 2030 è prevista prendere vita nella forma del campus di Tor Vergata, che verrebbe ristrutturato in un centro di conoscenza del ventunesimo secolo grazie a modelli innovativi di produzione di energia, trasporto e costruzione. In questo senso, Tor Vergata appare un luogo ideale per delineare un modello di rigenerazione innovativa basato sull’inclusione sociale, sulla progettazione e cura degli ambienti.
La strategia infrastrutturale del progetto è infatti basata sullo sviluppo di sinergie tra i vari livelli territoriali, in un orizzonte temporale che si estende ben oltre Expo 2030 e definisce una idea di “legacy”, ovvero di “Post-Expo”, che prevede la permanenza di un sito pienamente integrato nel contesto di Tor Vergata e del quadrante Sud-Est della Capitale.
In sintesi, Expo Roma 2030 vuole proporre un modello universale di rigenerazione e sostenibilità, da replicare su scala globale, realizzato in sinergia con i Paesi partner. Prevediamo che il contributo di tutti sia richiesto, accolto e valorizzato, in un genuino spirito di inclusione e partnership. Ciò potrebbe consentire ancora una volta all’Italia di proporsi quale capofila e ideatrice di una visione davvero innovativa dell’interazione tra Persone e Territori, anche attraverso la creazione della prima Net Zero Carbon Community d’Italia. La ricerca di nuovi paradigmi è concepita per essere sviluppata andando al di là del semplice recupero basato su un approccio di “costruzione urbana”. Essa ambisce ad inserirsi in una serie di iniziative ben radicate nel contesto locale. Iniziative che verrebbero promosse nel segno dell’inclusione sociale e della innovazione, due assi cartesiani nei quali si iscrive saldamente il nostro progetto.
Giampiero Massolo è un diplomatico e funzionario italiano. Presidente di ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) dal 2017 e di Atlantia dal 2022 (oggi Mundys), già direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. È stato Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri dal 2007 al 2012 e dal 2022 è anche Presidente del Comitato promotore di Expo Roma 2030.