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Agenti Di Cambiamento

Agenti di cambiamento

di Lesley Lokko

Che cosa significa essere “un agente di cambiamento”? La domanda ha accompagnato il periodo di gestazione di The Laboratory of the Future, fungendo sia da matrice sia da forza vitale della mostra che si dispiegava nell’occhio della mente, dove ora aleggia, quasi al momento della sua nascita. Negli ultimi nove mesi, in centinaia di conversazioni, messaggi, chiamate Zoom e riunioni, è emersa più volte la questione se mostre di questa portata siano giustificate, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi. Nel maggio dello scorso anno ho definito più volte la Mostra “una storia”, una narrazione che si sviluppa nello spazio. Oggi la mia interpretazione è cambiata. Un’esposizione di architettura è contemporaneamente un momento e un processo. Attinge la sua struttura e il suo formato dalle mostre d’arte, ma differisce dall’arte per aspetti cruciali che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, le questioni relative a produzione, risorse e rappresentazione sono centrali per il modo in cui nasce una mostra di architettura, ma raramente vengono riconosciute o discusse. 

Fin dall’inizio, era chiaro che il gesto essenziale di The Laboratory of the Future sarebbe stato il cambiamento. All’interno di quelle stesse discussioni che cercavano di giustificare l’esistenza della Mostra, c’erano conversazioni difficili e spesso emotive riguardanti risorse, diritti e rischi. Per la prima volta in assoluto, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla diaspora africana, quella cultura fluida e ingarbugliata di persone di origine africana che oggi attraversa il globo. Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diciamo cambierà qualcosa? E, forse cosa più importante, in che modo quello che diciamo interagirà con e pervaderà ciò che dicono gli “altri”, affinché la mostra non sia una singola storia, ma molteplici storie che riflettono l’enigmatico e meraviglioso caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati con cui ogni voce risponde alle questioni del suo tempo? Si dice spesso che la cultura sia la somma totale delle storie che raccontiamo a noi stessi e di noi stessi. Manca tuttavia in questa affermazione un qualsiasi riconoscimento di chi sia il “noi” in questione. In architettura in particolare, è stata storicamente dominante una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere ignorano enormi fasce di umanità – finanziariamente, creativamente, concettualmente – come se avessimo ascoltato e parlato in una sola lingua. 

La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. È in questo contesto che le mostre hanno un peso particolare. Sono un momento unico in cui ampliare, cambiare o raccontare una nuova storia, il cui pubblico e il cui impatto si fanno sentire ben oltre le mura fisiche e gli spazi che la ospitano. Ciò che diciamo pubblicamente è importante, perché è il terreno su cui si costruisce il cambiamento, a piccoli passi e anche con balzi da gigante. The Laboratory of the Future non ha un’impronta didattica. Non conferma direzioni, non offre soluzioni o impartisce lezioni. Invece, è intesa come un momento di rottura, un agente di cambiamento, dove lo scambio tra partecipante, mostra e visitatore non è passivo o predeterminato. Lo scambio è inteso come reciproco, importante e imprevedibile nella sua forma, in cui ogni partecipante viene trasformato dall’incontro e incoraggiato a proseguire verso un altro futuro.

 

Lesley Lokko è architetta, docente di architettura e scrittrice. Nel 2020 ha fondato in Ghana, l’African Futures Institute, scuola di specializzazione in architettura e piattaforma di eventi pubblici, che tuttora dirige. Nel 2015 aveva fondato la Graduate School of Architecture all’University of Johannesburg. Ha fondato e dirige FOLIO: Journal of Contemporary African Architecture ed è autrice di White Papers, Black Marks: Race, Space and Architecture (Minneapolis, University of Minnesota Press, 2000). È stata Curatrice della 18. Mostra Internazionale di Architettura de La Biennale di Venezia.

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