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Trump? Più di Hillary tema Zuckerberg

La copertura riservata alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti da parte dei media internazionali e nazionali è, anche quest’anno, significativa.
Dall’avvio della campagna elettorale si susseguono in molti Paesi numerosi speciali dedicati alle tappe del percorso e approfondimenti relativi ai candidati e alle loro quotidiane scaramucce.
In occasione di ogni dibattito la mia timeline su Twitter viene letteralmente invasa dai sagaci commenti di giornalisti e appassionati, che si divertono a irridere i tic e le debolezze dei vari Sanders, Clinton, Cruz, Trump.
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Un entusiasmo senza eguali. Ha molto stupito la decisione di un noto anchorman italiano di mettere in piedi la leggendaria maratona televisiva per seguire in diretta la comunicazione dei risultati. A un utente su Facebook che irrideva la pretesa di essere seguito fino a notte fonda, Enrico Mentana ha così replicato: alla “passionaccia” per la politica non si comanda, sia essa quella del quartiere in cui si vive o della maggiore potenza globale.

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Anche Mattarella diventa sempre più social

Il sorriso sottile che lo contraddistingue, mentre stringe la mano a Barack Obama, Angela Merkel o altri leader stranieri.

Il profilo severo mentre assiste a una commemorazione o ascolta l’inno nazionale. Ma anche la consegna di una coppa, il saluto alla folla, un attimo di riflessione durante un viaggio in treno.
Sono i momenti della vita pubblica del nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che da qualche giorno vengono diffusi tramite l’account ufficiale del Quirinale su Instagram.
Il social media delle immagini si arricchisce di un nome illustre.Mattinst2-1024x689

L’incontro con Kevin York Systrom. Mattarella, per ragioni anagrafiche poco avvezzo all’utilizzo dei social media, ha ricevuto la settimana scorsa il fondatore e amministratore delegato di Instagram, Kevin York Systrom.
Non solo una visita di piacere, visto che il Quirinale intende usare la piattaforma creata da Systrom (400 milioni di utenti nel mondo, 80 milioni di foto e video condivisi quotidianamente, 9 milioni di utenti attivi in Italia) in vista del settantesimo anniversario della Repubblica Italiana.

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Lobbisti per l’alta finanza? Non solo squali

Parlare di lobby e finanza non dovrebbe destare particolare scalpore.
Da sempre infatti, nel senso comune, i grandi attori della finanza mondiale esercitano una pressione indiscussa sui decisori pubblici, contrapponendo alla debolezza di governi dotati di risorse sempre più scarse il loro potere di ricatto: se la tassazione e la normativa non sono di mio gradimento mi sposterò in un contesto nazionale più accogliente.

I soldi, puro potere. I soldi, come si sa, sono una delle forme di potere più pure ed elementari, e non è banale riconoscere che i big del business mondiale possiedono oggettivamente la capacità di intervenire sui processi decisionali.
Ma in che modalità avvengono tali interventi?
Si servono di canali interni o di attori esterni?
Si può parlare di lobbisti della grande finanza?

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Con Jim Messina Renzi dà scacco al referendum

Uno degli aneddoti preferiti raccontati da Jim Messina è quello in cui ricorda quella volta in cui il presidente Barack Obama lo chiamò nel suo ufficio e gli disse: «Jim, devi lasciare il tuo posto!».
Messina era convinto di essere stato licenziato.
«Succede a tutti», pensò fra sé e sé.
Ma Obama aggiunse: «Voglio che tu guidi la campagna per la mia rielezione».
Fu così che da chief of staff (capo di gabinetto) della Casa bianca, Jim Messina si ritrovò catapultato alla guida della campagna più tecnologica della comunicazione politica moderna, quella del 2012.

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Nel 2016 sbarca in Italia. Oggi, dopo aver guidato come consulente la campagna del 2015 per la rielezione del primo ministro britannico David Cameron, Messina sbarca in Italia.
Matteo Renzi l’ha voluto come consulente per la campagna referendaria prevista per l’autunno del 2016 sulla riforma del Senato, alla quale affida un’importanza strategica («Se perdo lascio, la mia esperienza è fallita», ha detto) per la costruzione del consenso al suo governo.
La notizia è stata data da Claudio Tito sulle pagine de la Repubblica.

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I Gufi e la comunicazione nella politica di oggi

Ho seguito con molto interesse la diatriba andata in scena sulle pagine de Il Fatto Quotidiano tra Antonio Padellaro e Filippo Sensi, il portavoce del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Al centro del contendere l’autorevolezza della comunicazione istituzionale del primo ministro.
È uno spunto interessante per analizzare in che direzione sta andando la comunicazione politica degli ultimi anni. Il gufo utilizzato dal premier nelle slide della conferenza di fine anno simboleggia indubbiamente il disfattismo nostrano. Quel gruppo di persone che non crede nel cambiamento perché «finora non è successo niente» e pertanto non pensa né spera che possa avvenire.

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Avere un nemico in politica è utile. L’utilizzo di un nemico, vero o inventato, è una pratica piuttosto comune nella dialettica politica degli ultimi cinquant’anni. Fa sentire i cittadini parte di un gruppo, sicuri di stare dal lato “giusto” della barricata, e delinea nettamente il perimetro del messaggio pronunciato da un leader.

Tuttavia, come ha cercato di spiegare Filippo Sensi, i codici comunicativi dei leader politici stanno cambiando radicalmente. Non bisogna stupirsi che un premier giovane, che si è sempre presentato come alfiere del cambio generazionale, si faccia portatore di innovazioni comunicative che possono spiazzare un pubblico di giornalisti e politici abituato a codici più tradizionali.

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Onore a Eni, pioniera del contraddittorio social

Su Rai 3 va in onda Report, come ogni domenica sera. Il tepore di casa ti culla tra le immagini de “La Trattativa”, il servizio dedicato all’affare da 1 miliardo di dollari per l’acquisto della licenza di sfruttamento dei fondali marini del blocco Opl245. Affare concluso da Eni in Nigeria.

Tuttavia quello che succede in contemporanea sui nostri smartphone ha dell’incredibile: Eni risponde punto su punto al servizio della Gabanelli, postando documenti, infografiche, tweet dei manager coinvolti e smentite fondate su ricerche scientifiche.

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La svolta di ENI. Per la prima volta un’azienda riesce attraverso i social media a rispondere a un programma della televisione generalista.
Incredibile e molto innovativo, per l’Italia, il flusso di tweet in sequenza: toccavano molte delle questioni sollevate da Report e dimostravano un’attentissima preparazione da parte dello staff di Eni.

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Social engagement: come creare supporto dal basso

di Gianluca Comin e Mike Moffo

Qual è il modo migliore per fermare una proposta di legge?
Senza dubbio far percepire a chi la avanza che l’opinione pubblica è contraria.
Lo hanno imparato a proprie spese i promotori dello Stop online piracy act (Sopa), presentato nel 2011 al parlamento americano.
La legge, se approvata, avrebbe permesso ai titolari di copyright statunitensi di agire direttamente per impedire la diffusione di contenuti protetti: una censura del sistema di diffusione dei contenuti online.

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Protesta dei big 2.0. La risposta delle aziende del settore non si è fatta attendere.
Wikipedia ha reso il suo sito inaccessibile per 24 ore, coprendo le pagine con una schermata che spiegava le ragioni della protesta e invitava gli utenti a protestare contro la legge.
Google ha oscurato il suo logo con un banner nero, facendo “firmare” la petizione a oltre 4 milioni di persone.
Facebook, Microsoft, Amazon e tutti i big della Silicon valley hanno partecipato attivamente alla protesta.

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Per un business vincente ingaggiate lo stakeholder

Gli stakeholder si sa, sono sempre più centrali nelle attività strategiche di aziende e organizzazioni.

Fino a poco più di 30 anni fa sembrava impossibile che gruppi organizzati di cittadini potessero mettere in crisi le più grandi multinazionali attraverso campagne grassroots e la viralità dei social media.

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A differenza del passato, dove le informazioni erano scarse e la sensibilità minore, gli stakeholder hanno iniziato infatti a “punire” le imprese per comportamenti considerati non etici, premiando i prodotti più sostenibili o preferendo organizzazioni e investimenti meno premianti nel breve ma sostenibili nel lungo periodo.

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Quattro punti per capire il futuro del Total Retail

L’avvento dei social network e delle tecnologie digitali ha cambiato in maniera radicale il processo di acquisto delle persone: il consumatore oggi cerca attenzioni e dispone di strumenti del tutto nuovi al servizio del proprio shopping.

Le modalità moderne di far vivere al consumatore un’esperienza d’acquisto completa e appagante sono stato sintetizzate nel concetto di Total Retail – introdotto da PwC nel 2014 in un’omonima ricerca – che indica l’insieme delle scelte strategiche più efficaci per rispondere alle nuove esigenze che emergono nel processo di acquisto.

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Il consumatore deve essere al centro. La particolarità di questo modello riguarda la gestione dei canali commerciali in contrapposizione alla strategia “multi-channel”, secondo la quale i canali vengono gestiti in maniera indipendente gli uni dagli altri, con team e funzioni totalmente slegate tra di loro.

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Campagne elettorali 2.0: il digital team è centrale

Nel 2017 in Italia verrà abolito il finanziamento pubblico ai partiti, un duro colpo per le casse ormai vuote degli organi politici del nostro paese.

Sono già stati attivati una serie di strumenti per sopperire a questa mancanza, come le cene elettorali o il 2×1000 ai partiti politici.
Nell’ultimo anno sono stati più di 500mila i cittadini che hanno deciso di dedicare questa forma di finanziamento solo al Partito democratico, per un totale di quasi 6 milioni di euro.

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Tuttavia esiste una nuova generazione di strumenti digitali e tattiche di fundraising che permettono di raggiungere gli elettori in maniera diretta e attivare una mobilitazione dal basso a favore dei candidati. Si tratta di strumenti che in Italia devono ancora essere esplorati.

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