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Come sopravvivere alle fake news in campagna elettorale

Dopo essere state associate alla vittoria dei sostenitori della Brexit nel Regno Unito ed essere diventate uno degli argomenti più dibattuti durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, le bufale rischiano di essere le autentiche protagoniste anche nelle elezioni 2017 in Francia e in Germania. Due contesti politici completamente differenti, ma che presentano rischi molto simili: da una parte la contesa per sostituire il presidente uscente François Hollande sta assumendo contorni sempre più controversi e inaspettati, mentre a Berlino la Cancelliera Angela Merkel corre per il quarto mandato con il peso di scelte politiche molto dibattute, come l’apertura del suo Paese ai rifugiati.

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Dibattito inquinato. È proprio su argomenti di così facile presa sull’opinione pubblica (presunti incidenti a sfondo religioso oppure ondate di crimini collegate alla presenza di stranieri) che proliferano le notizie false, inquinando pericolosamente un dibattito che dovrebbe riguardare solo fatti verificati e problemi certi.

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Viralità, integrazione e dialogo: comunicare nel 2016

La fine dell’anno è sempre un momento utile per fare qualche riflessione sui trend più interessanti del proprio settore. Senza la pretesa di essere esaustivo, vorrei chiudere un altro anno di questa rubrica con una breve sintesi di quelli che sono, secondo me, gli elementi di maggior rilievo che hanno contraddistinto il mondo della comunicazione nel 2016.

Attenzione alle bufale. Non è un caso che la parola dell’anno sia “post-verità”. Nell’era del web e delle informazioni a portata di click, sembra sempre più difficile stabilire in quali sedi e grazie a quali strumenti si può risalire alla verità. Il 2016 ha visto il trionfo di narrazioni della società e di posizioni politiche spesso sganciate dall’esigenza di verificare la veridicità di quanto viene affermato nel dibattito e questo, a lungo andare, rischia di creare confusione e smarrimento.

Un esempio tutto italiano è costituito da un articolo con una falsa dichiarazione del neo presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ha totalizzato un impressionante record di condivisioni: oltre 15 mila in alcune ore. Possibile che tutti questi utenti abbiano dato per buona una frase approssimativa come «Gli italiani smettano di lamentarsi e facciano sacrifici»? Sì, perché forse si è perso quel senso di autorevolezza che dovrebbe distinguere un grande quotidiano da una pagina di fake news. La via di uscita potrebbe passare da un controllo più serrato “a monte” da parte degli stessi mezzi di informazione. In più, bisognerebbe fare di tutto per sensibilizzare maggiormente i nostri lettori a scorrere con un occhio critico la propria timeline su Facebook o Twitter, anche rendendo percepibile la differenza in termini di contenuto e completezza rispetto a una qualsiasi pagina web.

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Contro i “demoni” serve la comunicazione sobria di Mattarella

Il netto prevalere del No alle riforme costituzionali promosse dal governo di Matteo Renzi è arrivato a conclusione di una aspra campagna referendaria, che si lascia alle spalle un Paese sfibrato da mesi di toni accesi e durissimi. Un surriscaldamento dello scontro che si è allargato a macchia d’olio, dalle aule parlamentari agli studi televisivi, dalle piazze ai social media. Il dibattito sulle modalità con cui modificare i meccanismi decisionali previsti dalla nostra Carta ha portato a una polarizzazione confusa, che ha tagliato trasversalmente i blocchi sociali: nel fronte del ”Sì” e del ”No” si sono infatti riconosciuti sia appartenenti all’area di centrosinistra sia di centrodestra, sia i più giovani sia i più anziani, al Nord come al Sud. È proprio in un momento di profonda lacerazione come questo che abbiamo l’occasione di testare il valore di uno stile comunicativo in controtendenza come quello della presidenza della Repubblica.

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Il flop dei big data e non solo: cosa ci insegna Trump

A una settimana dal voto che ha incoronato l’immobiliarista repubblicano Donald Trump nuovo presidente degli Stati Uniti, ci stiamo abituando a immaginarlo accomodato in poltrona nello Studio ovale.
Non è un mistero che gran parte del pubblico (e quasi tutti i media) del Vecchio Continente tifasse spregiudicatamente per la democratica Hillary Clinton, ma le cose non sono andate come ci aspettavamo.

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Simpatie da archiviare. Ora che la polvere dello scontro inizia a posarsi, dobbiamo mettere da parte le nostre simpatie e fare uno sforzo di elaborazione.
Ecco quattro lezioni che possiamo provare a trarre dall’inaspettata vittoria di Trump.

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Action tank, dai pensieri ai fatti

Da tempo sento ripetere una formula interessante, che mescola elaborazione intellettuale e capacità di intervenire sul reale. Si tratta di “action tank”, una definizione che esprime efficacemente l’esigenza di raccogliere idee di policy e di trasformarle in azioni concrete. Il riferimento è al ben più noto concetto di “think tank”, i cosiddetti “serbatoi di pensiero” dai quali, nel mondo anglosassone, si attinge per dare una base scientificamente solida a un’ipotesi di intervento politico. Centri studi caratterizzati dalla presenza di un team di esperti che, tramite attività di ricerca non puramente accademica, sono in grado di supportare il decisore pubblico nell’identificare le soluzioni migliori per affrontare un problema, garantendo un approccio autorevole e neutrale.

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Grazie Obama: senza di te i social perdono fascino

Nessuno si sorprende più se un giornalista politico cita un tweet o un post Facebook del presidente del Consiglio o di un ministro per indicarne la posizione su un certo tema.
Nel contesto italiano, i social media hanno rappresentato e rappresentano una componente essenziale dell’ascesa e delle successive attività di comunicazione istituzionale del premier Matteo Renzi: basti citare il ruolo iconico delle immagini pubblicate su Instagram dal portavoce Filippo Sensi.

tweet obamaArchivio aperto. Tweet, post e foto che costituiscono una sorta di “archivio” digitale aperto a tutti gli utenti, più accessibile di una normale raccolta ufficiale.
È per questo che alla Casa bianca, ora che la presidenza di Barack Obama è in scadenza, ci si pone il problema di come gestire nel modo più efficace e rispettoso la “transizione digitale”.
Sappiamo tutti quanto sia delicato e appassionante il processo politico-amministrativo che viene attivato nel momento in cui un presidente degli Stati Uniti deve lasciare lo Studio ovale al vincitore delle elezioni di novembre.
Come verrà gestita questa fase sugli account ufficiali dell’amministrazione Obama?

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Sondaggisti inaffidabili? La svolta è nella Rete

Di Brexit si è discusso ampiamente in tutte le sedi e attraverso tutti i mezzi di comunicazione.
I leader dell’Ue hanno reagito con fermezza alla decisione del popolo britannico di porre fine alla loro partecipazione al progetto europeo, mentre la leadership politica di Londra sembra essersi resa conto in ritardo delle drammatiche conseguenze del referendum.

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In un contesto così teso e imprevedibile, il ruolo dei mezzi di informazione quali “interpreti” di una realtà che nemmeno i migliori esperti sono in grado di inquadrare efficacemente è cruciale.

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Rammendare le periferie? Senza web ogni sforzo è vano

In questi mesi si è molto discusso di elezioni amministrative e di governo delle città.
Lasciando da parte le inevitabili interpretazioni politiche di quanti hanno guardato a queste consultazioni più come a un test di tenuta del governo che a una sfida sui programmi e sulle proposte di policy, mi piacerebbe concentrarmi sui dati più significativi che emergono dalle urne.

A ridosso del voto di domenica scorsa che ha sancito il successo del Movimento 5 Stelle con Virginia Raggi a Roma, Lettera43.it ha pubblicato un’interessante analisi di Alberto Bellotto sulle mappe del voto nei principali centri urbani.

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Foto di Piero Donadeo

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Trump? Più di Hillary tema Zuckerberg

La copertura riservata alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti da parte dei media internazionali e nazionali è, anche quest’anno, significativa.
Dall’avvio della campagna elettorale si susseguono in molti Paesi numerosi speciali dedicati alle tappe del percorso e approfondimenti relativi ai candidati e alle loro quotidiane scaramucce.
In occasione di ogni dibattito la mia timeline su Twitter viene letteralmente invasa dai sagaci commenti di giornalisti e appassionati, che si divertono a irridere i tic e le debolezze dei vari Sanders, Clinton, Cruz, Trump.
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Un entusiasmo senza eguali. Ha molto stupito la decisione di un noto anchorman italiano di mettere in piedi la leggendaria maratona televisiva per seguire in diretta la comunicazione dei risultati. A un utente su Facebook che irrideva la pretesa di essere seguito fino a notte fonda, Enrico Mentana ha così replicato: alla “passionaccia” per la politica non si comanda, sia essa quella del quartiere in cui si vive o della maggiore potenza globale.

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Anche Mattarella diventa sempre più social

Il sorriso sottile che lo contraddistingue, mentre stringe la mano a Barack Obama, Angela Merkel o altri leader stranieri.

Il profilo severo mentre assiste a una commemorazione o ascolta l’inno nazionale. Ma anche la consegna di una coppa, il saluto alla folla, un attimo di riflessione durante un viaggio in treno.
Sono i momenti della vita pubblica del nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che da qualche giorno vengono diffusi tramite l’account ufficiale del Quirinale su Instagram.
Il social media delle immagini si arricchisce di un nome illustre.Mattinst2-1024x689

L’incontro con Kevin York Systrom. Mattarella, per ragioni anagrafiche poco avvezzo all’utilizzo dei social media, ha ricevuto la settimana scorsa il fondatore e amministratore delegato di Instagram, Kevin York Systrom.
Non solo una visita di piacere, visto che il Quirinale intende usare la piattaforma creata da Systrom (400 milioni di utenti nel mondo, 80 milioni di foto e video condivisi quotidianamente, 9 milioni di utenti attivi in Italia) in vista del settantesimo anniversario della Repubblica Italiana.

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