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Il museo Usa diventa social, ma l’Italia è in ritardo

So Many Stories to Tell for Met’s Digital Chief è il titolo di un’interessante intervista del New York Times a Sree Sreenivasan, professore di giornalismo digitale e new media alla Columbia University dal 1993, quando ancora i social network non esistevano e internet iniziava giusto a fare le prove generali per rivoluzionare il mondo.

Mr. Sreenivasan può essere considerato un pionere dello storytelling applicato ai social media e alla campagne di advocacy online.

PIONIERE NELLE BELLE ARTI. Dopo aver insegnato a un’intera generazione di giornalisti alla Graduate School of Journalism della Columbia come la tecnologia stava cambiando il giornalismo e come i professionisti del mestiere dovessero agire di conseguenza, ad agosto è diventato il primo Chief digital officer del Metropolitan Museum of Art, e a ben guardare, forse il primo Cdo nel panorama museale del mondo.

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Può suonare strano vedere un profilo del calibro di Sree al servizio delle belle arti, con una funzione che attualmente poche aziende dello stesso panorama consumer hanno tra gli executive aziendali.

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Generazione Millennials, felice solo se condivide

Si sente spesso parlare negli ultimi tempi dei Millennials e di quanto sia importante comprendere i loro comportamenti e stili di vita per gli esperti di marketing e comunicazione.
Forse oggi il loro potere di acquisto non è ancora decisivo, ma nel prossimo futuro saranno i gestori delle scelte di consumo che le aziende dovranno cercare di conquistare a forza di pubblicità e attività di comunicazione.

La domanda che sorge spontanea è chi siano i Millennials, che cosa li definisce come tali e in che modo è possibile identificarli.

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OGGI HANNO TRA I 18 E I 35 ANNI. Partendo dal presupposto che è difficile darne una definizione univoca, e aiutandosi con i criteri socio-demografici, i Millenials sono quelle persone diventate adulte a cavallo del nuovo millennio, e che hanno quindi tra i 18 e i 35 anni. Una forbice piuttosto ampia che comprende persone nate tra il 1979 e il 1996, ma che si assottiglia se guardiamo al contesto socio-economico in cui sono costretti in qualche modo a vivere.
I Millennials sono stati colpiti dalla più grave crisi economica e finanziaria dalla Grande Depressione degli Anni ‘30.

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Inutile e morente: è la stampa politica, bellezza

«La stampa non sarà mai più quella di una volta, a dire il vero la stampa è morta».
Lo sentiamo dire ormai da tempo, spesso dagli stessi giornalisti che contribuiscono a tenerla in vita.

Ma sembra giunto il tempo per la carta stampata di staccare l’ultimo biglietto per il viale del tramonto. Almeno per quanto riguarda il 95% delle campagne elettorali americane, con eccezione di quelle presidenziali.

Investimento senza ritorno. Secondo Bill Fletcher e John Rowley dell’omonima società di consulenza Fletcher-Rowley, specializzata in comunicazione politica, marketing e campagne elettorali, le strategie diearned media non hanno più un ritorno adeguato sull’investimento. E il ragionamento vale per quasi tutti i media, tradizionali e non.

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Netta perdita di influenza. In ritardo rispetto agli States, anche i nostri giornali stanno risentendo profondamente della perdita di influenza sugli elettori italiani, nonostante la ricerca di spazio sulla carta stampata rimanga uno degli obiettivi primari di ogni politico che si rispetti. 

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Big data e politica: quattro regole per avere successo

Ci sono molti motivi per cui una campagna politica può non andare a buon fine: il carisma del leader, il supporto dell’opinione pubblica, senza considerare la possibilità che si scatenino scandali e crisi di comunicazione.

Ma in uno scenario in evoluzione sempre più rapida c’è un altro fattore, forse ancora un po’ sconosciuto dalla politica italiana, che diventa sempre più cruciale per la riuscita di grandi progetti elettorali: è la professionalità dei comunicatori nella gestione dei big data.

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Harper Reed, Chief Technology Officer della campagna Obama 2012, ha coordinato l’attività di analisi dei big data

Italia nella preistoria comunicativa dei big data

Un mondo sempre più interconnesso e social – always on – fornisce, infatti, mai come prima d’ora una mole enorme di dati utili ai politici che vogliano monitorare il sentiment degli elettori e modulare i messaggi a seconda dei pubblici di riferimento. Ma, per cogliere queste opportunità, c’è bisogno di un supporto strategico da parte di professionisti in grado di progettare ogni dettaglio della campagna dei candidati.

Una premessa è d’obbligo: molto è stato fatto dalla politica italiana, con l’avvento di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, l’evoluzione comunicativa di Matteo Renzi supportata dal numero uno degli spin doctor Filippo Sensi, o l’ascesa del segretario della Lega Nord Matteo Salvini, del cui staff di comunicazione si sa ancora poco. 

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TweetPolitics sui media

Il rapporto TweetPolitics ha catturato l’interesse della comunità online diventando Trending Topic su Twitter nella categoria politica ma ha suscitato anche l’attenzione della stampa che ha dedicato alla ricerca vari articoli sia nell’edizione cartacea sia sui portali online.

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Da MoveOn a DailyKos: come cambia la comunicazione online

di Gianluca Comin

C’è un gran daffare per spin doctor ed esperti su un campo che attira sempre più la curiosità e l’interesse dei politici e dei manager: la capacità di influenzare l’agenda politica ed economica attraverso la Rete e di costituire, sempre online, quelle organizzazioni di supporto che facciano da moltiplicatore di consenso, da argine alla crescita degli avversari politici e, perché no, anche da finanziatori attraverso il crowdfunding.

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«Organizzazioni senza organizzazione» le definisce nel bel libro La comunicazione politica online. Come usare il web per costruire consenso e stimolare la partecipazione (Carocci editore) un giovane ricercatore ed esperto di comunicazione digitale, Gianluca Giansante, che insegna Comunicazione politica online alla School of government della Luiss di Roma.

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