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Neuromarketing

Findus e Vileda, perché il boicottaggio M5S è immotivato

Boicottare un brand perché è tra gli sponsor di una trasmissione televisiva sgradita?
Sembra un’affermazione esagerata, ma è esattamente quello che sta accadendo in queste ore a Findus e Vileda.
I due marchi sono infatti oggetto di una pesante campagna di denigrazione sul web, per via del loro inserimento negli spazi pubblicitari del talk show mattutino de La7, L’aria che tira.

Merlino nel mirino del M5S. Il programma condotto da Myrta Merlino è finito nell’occhio del ciclone per via della presunta insistenza della giornalista nel denunciare le carenze dell’amministrazione a Cinque stelle di Roma, guidata dalla sindaca Virginia Raggi.
Una tendenza, denunciano i sostenitori del Movimento, che denoterebbe la chiara volontà della Merlino di mettere in difficoltà la sindaca della Capitale, spesso sulle prime pagine dei quotidiani per via del travagliato processo di composizione della Giunta.

Gli sponsor non c’entrano. Queste le accuse, diffuse tramite il passaparola online e una sistematica azione di “copia e incolla” di post sulle pagine Facebook dei marchi incriminati.
Una domanda sorge spontanea: perché rinunciare a un sofficino o a un prodotto per la pulizia nel nome di una presunta “politicizzazione” del contenitore di uno spazio pubblicitario?
Difficile immaginare che le due aziende abbiano scelto volutamente quella fascia oraria per via delle opinioni espresse durante il popolare talk-show.
Il rapporto tra gli sponsor e i loro testimonial è da sempre al centro di discussioni e decisioni dolorose. Il legame di fiducia tra un brand e la persona che viene scelta per rappresentarlo è infatti delicatissimo ed è costantemente a rischio.

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Comunicatori e big data: è tempo di usare i numeri

Anche nel settore della comunicazione, dominato dall’immediatezza del momento e dalla necessità di guardare sempre al futuro, sono indispensabili alcuni momenti di riflessione sullo sviluppo della professione e sulle sfide da affrontare dentro e fuori le aziende.
Non a caso ho utilizzato di frequente questo spazio per condividere con i lettori la mia visione del ruolo del comunicatore nell’era dei social media e della “rivoluzione comunicativa” a essa associata, così come per illustrare la mia prospettiva su specifiche aree quali la comunicazione di crisi, la comunicazione politica e finanziaria.

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Costruiamo un nuovo approccio per dialogare coi mercati

La comunicazione finanziaria è un settore che ha subito profondi cambiamenti negli ultimi 30 anni.
Era il 1980 quando Enrico Cuccia, storico fondatore di Mediobanca, pronunciava la ormai celebre frase «Il peccato veniale di un banchiere è fuggire con la cassa, quello mortale è parlare». La stessa banca solo 20 anni dopo festeggiava la messa online del sito internet, che le è valso premi e riconoscimenti da parte della comunità finanziaria italiana.

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Fonte:  Archivio http://www.oscardibilancio.org/

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Le sfide degli AD/3 – Costruire l’immagine del CEO tra media e digital

Gli amministratori delegati, soprattutto i fondatori di un’azienda, acquisiscono molto spesso un ruolo quasi iconico. Nell’immaginario dei consumatori, dei giornalisti e, soprattutto, delle risorse interne, la figura dell’ad tende spesso a sovrapporsi con quella dell’azienda.

Un fenomeno che si accentua se le persone ai vertici possono vantare una biografia forte, lo sviluppo di un’idea che ha rivoluzionato un settore, una naturale propensione all’innovazione e al rischio che ha consentito loro di superare le avversità e di essere individuati come un modello di riferimento. Penso a figure che hanno fatto la storia dell’industria italiana come Enrico Mattei, Adriano Olivetti, Michele Ferrero, Vittorio Merloni o a protagonisti conosciuti al grande pubblico come Bernardo Caprotti, Giovanni Rana, Francesco Amadori, Marco Tronchetti Provera, Paolo Scaroni, gli Agnelli e i Benetton.

Certo, molto dipende dal contesto in cui si sviluppa una data idea imprenditoriale e dal settore nel quale opera l’azienda in questione.

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Le sfide degli AD/2 – Dirigenti, tre sfide per essere voce dell’azienda

In molti abbiamo seguito i lavori del workshop 2016 The European House – Ambrosetti a Cernobbio.
Sulla riva del lago di Como si riunisce ogni anno il gotha della politica e della finanza per discutere del futuro e, tra una conferenza e l’altra, condurre utili attività di network.
Come per tutti i club esclusivi, la partecipazione al Forum va attentamente preparata dai collaboratori dei ministri e degli amministratori delegati, poiché è compito della nutrita pattuglia di giornalisti presenti raccogliere dichiarazioni e interviste a margine dell’happening di Villa d’Este.

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Twitter megafono. Affermazioni che si trasformano in agenzie stampa o vengono oggi direttamente rilanciate sui principali social network (Twitter in testa), contribuendo a rafforzare la visibilità di coloro che le hanno pronunciate e delle aziende o delle istituzioni che rappresentano.
Ma come comunica un amministratore delegato?
Come vanno predisposte le sue apparizioni pubbliche o le occasioni di incontro con la stampa?

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Le sfide degli AD/1 – Manuale per un CEO appena nominato

Nel corso della mia carriera di comunicatore professionista mi sono interfacciato quotidianamente con gli amministratori delegati, o CEO, delle aziende per cui lavoravo.
Sono loro che mi hanno permesso di accumulare entusiasmanti esperienze di comunicazione “convenzionale”, così come di mettermi alla prova come gestore di crisi aziendali inaspettate e inedite, come il grande black-out affrontato da Enel nel 2003.
Ma quali sono le sfide affrontate dagli amministratori delegati di una grande azienda? Quali sono le esigenze alle quali devono rispondere? Come reagiscono a determinate situazioni?

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Un passaggio delicato. Soffermiamoci per esempio sul caso di un AD di recente nomina e sul modo migliore per gestire un passaggio così delicato.
Le opzioni da prendere in considerazione nel momento in cui si ricevono le chiavi di un’azienda sono numerosissime e non sempre è facile stabilire una scala di priorità.
Per non parlare delle difficoltà connesse alla nomina di un “esterno”: acquisire prima la fiducia della macchina e del top management o procedere subito per la propria strada con decisioni potenzialmente indigeste?
Abbiamo avuto modo di riflettere pubblicamente sull’importanza di una nuova nomina durante le settimane di attesa che hanno preceduto la scelta del francese Jean Pierre Mustier come nuovo ad di Unicredit.

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Aziende, non trascurate le relazioni esterne

Ingaggiare in modo efficace gli stakeholder non è solo l’obiettivo professionale di ogni buon comunicatore d’impresa, ma anche un obiettivo di business fondamentale per un’azienda.
È quanto emerge dal quinto sondaggio di McKinsey sulle Relazioni esterne, pubblicato a luglio 2016 dalla nota società di consulenza.

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La consultazione online ha coinvolto oltre 1.300 rappresentanti dei vertici aziendali operanti in una vasta gamma di settori e aree geografiche e fornisce uno spunto interessante sulla percezione dell’importanza degli stakeholder esterni per il successo della propria azienda.
Troppe volte rischiamo infatti di concordare in linea teorica sull’influenza esercitata da soggetti terzi quali i decisori pubblici e dal contesto normativo nel quale si inseriscono i nostri obiettivi di business, senza però dare seguito concreto a tale valutazione.

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Onore a Eni, pioniera del contraddittorio social

Su Rai 3 va in onda Report, come ogni domenica sera. Il tepore di casa ti culla tra le immagini de “La Trattativa”, il servizio dedicato all’affare da 1 miliardo di dollari per l’acquisto della licenza di sfruttamento dei fondali marini del blocco Opl245. Affare concluso da Eni in Nigeria.

Tuttavia quello che succede in contemporanea sui nostri smartphone ha dell’incredibile: Eni risponde punto su punto al servizio della Gabanelli, postando documenti, infografiche, tweet dei manager coinvolti e smentite fondate su ricerche scientifiche.

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La svolta di ENI. Per la prima volta un’azienda riesce attraverso i social media a rispondere a un programma della televisione generalista.
Incredibile e molto innovativo, per l’Italia, il flusso di tweet in sequenza: toccavano molte delle questioni sollevate da Report e dimostravano un’attentissima preparazione da parte dello staff di Eni.

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Curriculum, consigli e codici per giovani comunicatori

In un mercato sempre più competitivo, è bene che i giovani comunicatori si armino di buona volontà e delle giuste skill per competere con il mondo che li aspetta.

Ogni giorno mi arrivano curriculum vitae di ragazzi volenterosi di lanciarsi nel mondo delle lobby, della comunicazione e delle relazioni esterne.

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È sempre difficile interpretare le competenze di una persona attraverso le esperienze contenute in meno di due pagine di Word.

L’intuito è decisivo. Il colloquio è un momento fondamentale per guardare negli occhi la persona e capire in 30 minuti chi si ha di fronte.
Molto spesso l’intuito, dopo anni di carriera, ti porta a capire subito se la giovane risorsa fa al caso tuo, o se non ha le giuste motivazioni e capacità per intraprendere un percorso all’interno dell’azienda.

Stage, ottima arma. Tuttavia l’errore è sempre dietro l’angolo, e gli stage formativi sono un’ottima modalità per testare e comprendere a fondo se integrare o meno quel ragazzo all’interno della struttura.

Oggi vorrei dare qualche consiglio pratico ai giovani laureandi che si affacciano per la prima volta sul mondo del lavoro, e perché no, anche ai reparti e alle agenzie di comunicazione e public relation che si trovano ogni giorno ad affrontare un’offerta enorme di risorse e pochi posti a disposizione.

Soprattutto in un periodo in cui, secondo gli ultimi dati Istat, la disoccupazione giovanile ha toccato il record del 43%.

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Crisi in azienda? State attenti ai dipendenti

Oggi voglio partire dalla preistoria, e dalla psicologia evoluzionista, che ha mostrato come già per i nostri avi le brutte notizie fossero più importanti di quelle buone.

Questo fenomeno si lega al nostro istinto di sopravvivenza: mentre la conoscenza di un fatto positivo poteva non influire in alcun modo sulle loro vite, l’ignoranza rispetto a un fatto drammatico poteva invece compromettere la sopravvivenza.

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Riportandoci al contesto economico attuale e prendendo come metro di paragone le organizzazioni complesse, è evidente come qualsiasi notizia negativa o situazione di crisi possa influire sulla vita e le percezioni degli stakeholder. Le persone che risentono maggiormente di queste notizie però sono i dipendenti stessi, poiché ne va della loro stessa reputazione e quindi della loro “adesione” al progetto imprenditoriale di cui fanno parte.

Cruciale la comunicazione con i dipendenti. In questi casi la fonte attraverso cui vengono a conoscenza delle notizie negative è cruciale. Scoprirla dall’esterno, attraverso i media, determina un alto livello di choc e di frustrazione, che va a intaccare il livello di fiducia verso il proprio employer. In poche parole, il capo sapeva ma ha nascosto al suo stesso staff la notizia, senza sentire il bisogno di informarlo.

Una serie di ricerche empiriche mostrano come, nonostante il principio internal before external communication, la maggior parte dei dipendenti scopra le notizie relative a una crisi dai media generalisti.

Nel corso di una indagine su 496 dipendenti all’interno di un’azienda tedesca, condotta dalla rivista Comunication Director, è emerso che 300 di loro hanno scoperto le notizie negative attraverso i mezzi di comunicazione, il 50% dei quali come prima fonte di informazione. Meno di uno su cinque sono stati invece informati attraverso la comunicazione interna.

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