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Proteste e social media… non solo black bloc

È ancora vivo il dibattito sulle proteste milanesi, che hanno approfittato della visibilità dell’inaugurazione di Expo 2015, ma in pochi si sono interrogati sul risvolto comunicativo che le proteste portano con sé.black-bloc-675

In una società definita come la «società dei movimenti», la comunicazione riveste un ruolo importante nell’ambito della libertà di espressione e dell’esercizio della protesta politica e sociale.

La diffusione di internet ha reso possibile la creazione di mezzi alla portata di organizzazioni con poche o nessuna risorsa, in grado di presentare senza filtri la propria protesta e le proprie rivendicazioni. I social media hanno accorciato ancora di più lo iato tra i protestanti e gli organizzatori della protesta, rendendo di fatto superfluo il ruolo dell’organizzazione stessa nei flussi comunicativi.

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Dal sindacato a Netflix, fine dei corpi intermedi

Cerasa, sulle pagine de Il Foglio, l’ha chiamata «Generazione del You&Me» per evocare il concetto di disintermediazione dei corpi intermedi a tutti i livelli, partendo dalle categorie professionali, passando per i prodotti e servizi di mercato, fino ad arrivare ai partiti politici e al concetto stesso di rappresentanza.248eb5c60c78585c0c0a6a96589c2227-1557-kZMB-U10402662572705KcB-700x394@LaStampa.it

La generazione peer to peer appunto, che punta a scavalcare ogni forma di intermediazione, perché la velocità di scambio dei prodotti e dei messaggi, la rapidità di contrattazione tra le parti o semplicemente il modo in cui vengono prese le scelte è ormai doppia rispetto a quella che i corpi intermedi possono sopportare e sostenere.

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Lobbying in Ue, Slovenia campione di trasparenza

Ho scritto sulla differenza tra il modo di fare lobby in Europa e negli Stati Uniti e ho lanciato più volte un appello per istituire una regolamentazione chiara ed efficace della “rappresentanza di interessi” nel nostro Paese.

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A tentare di fare luce sullo stato dell’arte delle politiche in materia di lobbying in Europa ci ha pensato Transparency International, think tank che fa della «lotta alla corruzione in un’ottica internazionale» la sua missione.

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Più soldi ai politici: così gli Usa possono limitare le lobby

Il bilancio operativo 2014 del parlamento americano ammonta a quasi 2 miliardi di dollari (1,16 miliardi per la House of Representatives, 820 milioni per il Senato), comprensivi delle spese per il personale di servizio.

Una cifra importante, ma che rappresenta tuttavia all’incirca il 25% in meno rispetto a quanto spendono le big corporation per lobby e attività di pressione proprio tra i loro di senatori e deputati.

 

Secondo il politologo Lee Drutman, autore del libro The Business of America is Lobbying, questo divario implica due ordini di problemi: il primo riguarda il livello d’informazione dei membri del Congresso, il secondo gli obiettivi e la carriera di questi ultimi.

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Coi social network basta il 3,5% della popolazione per boicottare un governo

Keystone XL è un oleodotto nordamericano progettato dalla compagnia canadese TransCanada, in grado di trasportare fino a 830 mila barili di bitume (al giorno) destinati a essere convertiti in petrolio grezzo.

La parte meridionale dell’oleodotto, che arriva fino al golfo del Messico, è già operativa, così come una prima versione di quella settentrionale che risulta però poco efficiente dal punto di vista logistico, partendo dal Canada e attraversando numerosi stati del Midwest.

La nuova versione proposta dalla compagnia, denominata Keystone XL, è più breve e rettilinea, ma ha bisogno di un’autorizzazione particolare del governo americano.

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Il museo Usa diventa social, ma l’Italia è in ritardo

So Many Stories to Tell for Met’s Digital Chief è il titolo di un’interessante intervista del New York Times a Sree Sreenivasan, professore di giornalismo digitale e new media alla Columbia University dal 1993, quando ancora i social network non esistevano e internet iniziava giusto a fare le prove generali per rivoluzionare il mondo.

Mr. Sreenivasan può essere considerato un pionere dello storytelling applicato ai social media e alla campagne di advocacy online.

PIONIERE NELLE BELLE ARTI. Dopo aver insegnato a un’intera generazione di giornalisti alla Graduate School of Journalism della Columbia come la tecnologia stava cambiando il giornalismo e come i professionisti del mestiere dovessero agire di conseguenza, ad agosto è diventato il primo Chief digital officer del Metropolitan Museum of Art, e a ben guardare, forse il primo Cdo nel panorama museale del mondo.

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Può suonare strano vedere un profilo del calibro di Sree al servizio delle belle arti, con una funzione che attualmente poche aziende dello stesso panorama consumer hanno tra gli executive aziendali.

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Legge sulle lobby, il tempo è ri-scaduto

A settembre 2014 ho parlato della necessità di mettere mano alla legge sulle lobby, augurandomi che il presidente del Consiglio Matteo Renzi riuscisse a cogliere quell’obiettivo già mancato dai suoi predecessori Romano Prodi, Mario Monti ed Enrico Letta e già raggiunto da molti Paesi nel mondo.

Il tempo era scaduto da un pezzo, ma niente è cambiato da allora. I legittimi portatori di interessi continuano a essere scambiati per faccendieri, opportunisti delle relazioni, professatori del «faccio cose, vedo gente».

LOBBY CON REGOLE PRECISE. La volgata del «Ah Fra’, che te serve?» rovina la reputazione di una categoria di seri professionisti, che porta avanti un mestiere con regole precise, strumenti leciti e sforzi per raggiungere gli obiettivi dei clienti rappresentati, nel mentre cresce l’attenzione anche di gruppi internazionali e delle importanti firm americane per il mercato della lobby europea e italiana.

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Grandi manovre a K Street: si cambia pelle

La potente Associazione dei lobbisti americani ha cambiato nome e si avvia a una nuova strategia di posizionamento della professione nella società.

L’attività di rebranding potrebbe apparire normale in un processo di evoluzione del marchio, se non fosse che è proprio la parola ‘Lobby’ ad essere sparita dalla definizione dei professionisti di categoria: da American League of Lobbyists si è passati alla più generica Association for Government Relations Professionals (Agrp).

Un cambio non da poco, considerato che parliamo del Paese che per primo ha riconosciuto il valore di questa professione nella dinamica democratica ed è sempre preso a modello per la naturalezza con cui ci si approccia alle attività di lobbying e ai professionisti della categoria.

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AZIONE DI RIPOSIZIONAMENTO. Un cambio che vuol dire, neanche troppo velatamente, riposizionare l’Associazione verso i propri stakeholder di riferimento, ma soprattutto verso il bacino dei potenziali associati.

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Generazione Millennials, felice solo se condivide

Si sente spesso parlare negli ultimi tempi dei Millennials e di quanto sia importante comprendere i loro comportamenti e stili di vita per gli esperti di marketing e comunicazione.
Forse oggi il loro potere di acquisto non è ancora decisivo, ma nel prossimo futuro saranno i gestori delle scelte di consumo che le aziende dovranno cercare di conquistare a forza di pubblicità e attività di comunicazione.

La domanda che sorge spontanea è chi siano i Millennials, che cosa li definisce come tali e in che modo è possibile identificarli.

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OGGI HANNO TRA I 18 E I 35 ANNI. Partendo dal presupposto che è difficile darne una definizione univoca, e aiutandosi con i criteri socio-demografici, i Millenials sono quelle persone diventate adulte a cavallo del nuovo millennio, e che hanno quindi tra i 18 e i 35 anni. Una forbice piuttosto ampia che comprende persone nate tra il 1979 e il 1996, ma che si assottiglia se guardiamo al contesto socio-economico in cui sono costretti in qualche modo a vivere.
I Millennials sono stati colpiti dalla più grave crisi economica e finanziaria dalla Grande Depressione degli Anni ‘30.

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Comunicatori politici, studiatevi la Thatcher

Fino alla fine degli Anni 70 la comunicazione politica è stata ancillare e subordinata nelle organizzazioni politiche.

L’intuizione dei leader era spesso il canovaccio seguito dagli staff di comunicazione per la produzione di volantini e materiali elettorali, senza che questi potessero apportare alcun valore aggiunto nella pianificazione e progettazione dei messaggi da veicolare.

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Lo sviluppo della comunicazione politica degli ultimi 30 anni in Italia è cosa nota, basti pensare alla svolta che Silvio Berlusconi nel 94 ha inferto ai partiti della prima Repubblica, o al cambiamento imposto dallo stile dialettico di Matteo Renzi.

LE ELEZIONI INGLESI DEL ’79. Il loro modo di comunicare si è differenziato, e si differenzia, per un registro comunicativo che per certi versi è più vicino agli slogan pubblicitari che alla tradizionale retorica in politichese.

Ma, se guardiamo alla storia delle campagne elettorali oltremanica, ci accorgiamo che la pubblicità e il linguaggio adv-friendly ha fatto la sua comparsa già nel 1979, nella famosa quanto storica campagna di Margaret Thatcher.

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