Anche al Vaticano serve la comunicazione integrata per il suo brand
Il binomio tra Vaticano e comunicazione è inscindibile: non dobbiamo pensare solo alle doti comunicative dei vari pontefici, che variano sulla base delle inclinazioni personali e dello stile del loro magistero, ma anche alle strutture che si occupano di diffondere il messaggio religioso a tutto il mondo.
Una istituzione ex novo. Una struttura, quella della comunicazione vaticana, che è al centro di un processo di riforma sotto la guida di monsignor Dario Edoardo Viganò. La segreteria per la comunicazione è stata istituita il 27 giugno 2015 con la Lettera apostolica in forma di Motu proprio “L’attuale contesto comunicativo”: non una mera unione fra dipartimenti preesistenti, ma “una istituzione ex novo”, come ha ricordato lo stesso papa Francesco in un discorso all’Assemblea plenaria della segreteria nel maggio 2017.
«Un po’ di violenza buona». Con un’inaspettata definizione delle componenti essenziali per la buona riuscita di un processo di riorganizzazione: «Riforma è dare nuova forma alle cose, organizzarle in altro modo, si deve fare con intelligenza, con mitezza, ma anche, permettetemi la parola, con un po’ di violenza buona».
L’impegnativo e appassionante progetto di evoluzione, che riguarda i principali mezzi della Santa sede (dallo storico quotidiano L’Osservatore Romano alla Radio Vaticana, passando ovviamente per i canali social ufficiali), è stato al centro di un dibattito ospitato il 4 settembre alla Luiss Guido Carli di Roma.
Focus sulle nuove audience. Monsignor Viganò ha infatti deciso di coinvolgere il Centro X.Ite dell’ateneo (diretto da Michele Costabile) per la ricerca “Comunicazione e tecnologia: modelli e casi di intermedialità dinamica”, coordinata dai docenti Simona Romani e Paolo Peverini. Lo studio è volto ad approfondire gli aspetti più rilevanti del processo di riforma in corso, con un focus particolare sull’identificazione delle nuove audience, l’impatto delle nuove tecnologie su produzione e distribuzione dei contenuti e l’integrazione della comunicazione.
Più di una razionalizzazione. Il concetto di “comunicazione integrata” viene spesso citato senza però indagare davvero sul perché sia diventato così cruciale per ogni professionista. Integrare, come nel caso del percorso intrapreso dalla Segreteria per la comunicazione del Vaticano, è molto di più di una semplice razionalizzazione delle funzioni per fusione o ridenominazione.
È la comunicazione stessa (e il modo in cui scegliamo di diffondere i nostri messaggi e i relativi contenuti) che deve davvero rispondere alla sfida dell’integrazione. I messaggi possono essere declinati a seconda dell’audience, i canali scelti possono variare (da quelli più tradizionali agli strumenti digitali di ultima generazione), ma la coerenza di fondo va mantenuta in modo rigoroso.
Ciò che contano sono i principi. Un intervento che mi ha colpito in modo particolare è proprio quello tenuto da Kevin Lane Keller, E.B. Osborne Professor di Marketing alla Tuck School of Business, negli Stati Uniti. Perché al di là delle etichette, quello che conta davvero sono i principi di base sui quali posa la nostra strategia di comunicazione.
Costi e coperture al primo posto. I criteri elencati dal professor Keller costituiscono, a mio avviso, un ottimo esempio degli elementi da prendere in considerazione nel momento in cui elaboriamo e implementiamo azioni di comunicazione. Prima di tutto, costi e copertura: dobbiamo sempre valutare quante persone siamo in grado di raggiungere con una determinata azione e quali sono le risorse finanziarie a disposizione per una eventuale pianificazione media.
La seconda “c” è quella di contributo: quale impatto hanno queste attività sull’immagine e sulla reputazione delle nostre aziende? In terza battuta, coerenza e complementarietà: è essenziale verificare se ci sono ridondanze a livello di messaggi e se siamo in grado di assicurare che tutto ciò che dobbiamo comunicare sia stato adeguatamente diffuso a tutti i portatori di interesse.
Ogni azione deve essere autonoma. Da non sottovalutare la conformità: la ricezione del messaggio è infatti una fase da monitorare con estrema attenzione. Keller sintetizza molto bene questo concetto: ogni azione di comunicazione deve funzionare in modo autonomo, indipendentemente da quello che i destinatari del nostro messaggio hanno visto e sentito in precedenza tramite altri mezzi. Le azioni, ha osservato giustamente Keller, funzionano meglio quando interagiscono tra loro e si “combinano” come le tessere di un mosaico. Da qui l’ultima “c”: combinazione.
La capacità di dare vita ad attività di comunicazione integrata sarà sicuramente un ulteriore elemento di forza per il Vaticano che, con tutte le differenze del caso, è comunque un brand da comunicare a un pubblico localizzato in tutto il mondo, con lingue e percezioni molto diverse tra loro.
Solo l’esperto noterà le tecniche. Per utilizzare una bellissima immagine del professor Keller, potremmo concludere dicendo che la comunicazione integrata è complessa quanto dipingere un ritratto con pennelli differenti. A volte con lo stesso colore, altre addirittura con svariate sfumature e consistenze. Quello che conta è la chiarezza, e soprattutto la bellezza, del risultato. Solo un esperto si soffermerà sulle differenti tecniche impiegate e sulle graduazioni di colore identificabili, a un esame più attento, sul quadro. I visitatori, invece, avranno solo il desiderio di ammirare l’immagine nel suo complesso.
*Twitter: @gcomin