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Anche L’economia Ha Bisogno Di Uno Storytelling

Anche l’economia ha bisogno di uno storytelling

L’economia è onnipresente sulle pagine dei quotidiani e nei servizi dei telegiornali, persino nel variegato mondo dei social media. Quanti di noi seguono su Twitter economisti di fama o esperti di finanza che, con teorie più o meno mainstream, cercano di convincere i propri follower?

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Tutto passa dall’economia. Un editoriale del Financial Times, scritto magari da una delle firme di punta, è in grado di scatenare in Italia un dibattito politico che dura giorni ed è sui dati economici più rilevanti (disoccupazione, crescita del Pil, debito pubblico, spread) che si consumano gli scontri più accesi tra i partiti e tra governo e opposizione. Inevitabile che ciò accada in un periodo storico contraddistinto da una crisi che sembra non passare e dalla tendenza politica ad attaccare le ricette economiche più consolidate (vedere alla voce Donald Trump). Come possono le istituzioni, la politica e i media rispondere agli interrogativi che la società pone loro?

L’utilità di un tavolo di confronto. L’economia è stata al centro del seminario ospitato negli uffici della Comin & Partners lunedì 13 febbraio, che ha visto come relatori il giornalista di Repubblica Ferdinando Giugliano e il responsabile Investor Relations della Cassa Depositi e Prestiti Gianfranco Di Vaio. Un tavolo di confronto aperto a molti colleghi del mondo della politica e della comunicazione aziendale, con l’obiettivo di discutere in modo aperto e costruttivo i principali dossier di politica economica che vediamo raccontati sui giornali.

Temi complessi, che spesso necessitano di uno sforzo ulteriore per essere resi più intelligibili da un pubblico che non sempre possiede una preparazione adeguata in materia. Ciononostante, è anche sul pericolo di un cortocircuito informativo che si gioca il futuro di un governo e, come abbiamo visto con la Brexit, la tenuta del progetto di integrazione europea.

Dallo spread alle banche. Il livello dello spread che separa i nostri titoli di Stato dal solido Bund tedesco, il ruolo della Bce di Mario Draghi, il flebile tasso di crescita che sembra condannarci sempre a navigare a vista, il peso del debito pubblico che grava sulle prossime generazioni, la necessità di creare un contesto regolatorio che permetta la libera circolazione di merci, persone e capitali garantendo una protezione adeguata ai soggetti più deboli e indifesi. E poi le banche, tema politico caldissimo e spesso cartina di tornasole della stabilità di un Paese. È su questi elementi che si gioca il lavoro quotidiano di due professionisti come Giugliano e Di Vaio.

Accuratezza prima di tutto. Per il giornalista è fondamentale fare riferimento a fonti autorevoli, soppesare con rigore i pro e i contro di un determinato provvedimento di natura economica, spiegare efficacemente alla propria audience che cosa ha portato a un certo fenomeno o a un dato significativo. Per chi dialoga con gli investitori contano invece l’accuratezza e la trasparenza della comunicazione finanziaria e non, la capacità di selezionare i propri interlocutori e di adattare in modo intelligente i messaggi da trasmettere all’esterno, l’abilità nel comunicare decisioni che dovrebbero essere in linea con i valori-guida della propria organizzazione. Tenendo sempre a mente, dunque, il valore comunicativo di ciò che si scrive e si dice.

Nel momento in cui impazzano le fake news, c’è un altro elemento di cui tenere conto: la qualità del dibattito pubblico. In questo caso non ci porta molto lontano attribuire le responsabilità alla classe politica o ai rappresentanti dei media, ma è più utile una riflessione generale. Su un tema dirompente come la possibile uscita dell’Italia dall’Eurozona, per esempio, non possiamo limitarci a demonizzare le ragioni degli avversari o a soffocare la discussione sul nascere.

Anche i numeri parlano. Meglio a questo punto fare un lavoro più complesso, ma molto più interessante per il lettore, di confronto ragionato delle opinioni in campo. Altrimenti l’effetto potrebbe essere negativo per entrambi i lati: un peccato originale di credibilità per chi propone ricette non convenzionali e la pericolosa associazione con un’idea distorta di establishment per chi non ammette contro-narrazioni. Narrazione è un termine che sembra suggerire qualcosa di slegato dalla dura legge dei numeri. Eppure anche in ambito economico-finanziario non basta conseguire i risultati, ma occorre comunicarli in modo efficace.

Il MEF indica la via. Chi gode di un bilancio solido o può vantare significativi investimenti non dovrebbe rifugiarsi nell’autoreferenzialità e lasciare ai propri stakeholder l’onere di scoprirne i reali punti di forza e l’importanza per la società. Allo stesso modo, i benefici di uno storico processo di integrazione come quello europeo vanno spiegati con pazienza e chiarezza, senza cadere nella tentazione di darli per scontati. Siamo all’altezza di questa sfida? L’esempio della comunicazione del ministero del Tesoro attraverso i social e nuovi canali come Telegram confortano sulla strada da intraprendere. Consapevoli che giornalismo e comunicazione economico-finanziaria sono e restano fondamentali in questo momento di crisi e di cambiamento degli equilibri globali.

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