Editoria 2.0: non ci resta che la sperimentazione
Sperimentare. Questa è la parola d’ordine dei grandi editori americani e italiani e dei direttori dei principali quotidiani nazionali e d’Oltreoceano riuniti da Andrea Ceccherini, a Bagnaia (Siena), per la 15esima edizione di “Crescere tra le righe”, l’appuntamento organizzato dall’Osservatorio permanente Giovani Editori per gli studenti che da anni seguono il pregevole progetto “Il quotidiano in classe”.
La soluzione non c’è. Chi si aspettava dagli editor in chief di New York Times, Washington Post, Wall Street Journal e Los Angeles Time (per la prima volta in assoluto tutti assieme in oltre 100 anni di storia) una soluzione consolidata alla transizione dal quotidiano cartaceo a quello digitale è rimasto deluso.
Non c’è ancora una scelta univoca e un modello di business che garantiscano profitti tali da fermare la lenta erosione dell’editoria dei media per come la conosciamo.
Accordo NYT-Facebook. Si sperimenta, dunque, con non poco scetticismo nel lasciare la via conosciuta della carta e dell’edicola per strade innovative dove trovare nuovi lettori non sempre disponibili a pagare per essere informati.
Il Nyt per esempio ha scelto di allearsi con Facebook per la pubblicazione di articoli a pagamento perché «dobbiamo seguire», ha detto Dean Baquet, «i lettori dove sono».
WSJ punta sull’Apple Watch. Mentre Gerard Baker, direttore del Wsjmostrava l’Apple watch sul quale “passano” le informazioni finanziarie di titoli e commodities «perché i nostri lettori vogliono news sintetiche in tempo reale».
E mentre Davan Maharaj, del Los Angeles Times, magnificava le lodi dell’edizione digitale del suo giornale, Martin Baron, direttore delWashington Post, ammetteva di non aver ancora deciso cosa fare: «Facebook? Troppo potente, troppo rischioso. Dobbiamo pensare», ha detto, «sia all’aspetto finanziario, ma anche all’effetto di una tale alleanza sul nostro brand».
I grandi direttori americani non inseguono i magazine di gossip. In assenza dunque di nuovi territori da esplorare, non resta che difendere le frontiere dall’assalto dei barbari che erodono informazioni e dati rivendendoli agli investitori pubblicitari.
In primis Google, ma anche la galassia di blog e di pagine indipendenti che usano le notizie firmate e non, per attirare traffico sui propri siti.
La chiave: qualità. Per gli editori americani e italiani il muro da alzare si chiama qualità dell’informazione e diritto d’autore. Nessuno dei grandi direttori americani si è detto disponibile a inseguire i magazine di gossip come Buzzfeed e Daily Mail che richiamano milioni di follower.
Più competenza. Hanno rivendicato l’impegno a selezionare giornalisti sempre più competenti e un ruolo esclusivo di qualità dei propri servizi giornalistici. Tuttavia, tutti sanno che non basta. I ricchi budget pubblicitari vanno dove c’è il traffico.
E allora se non si vuole arrendersi a un giornalismo spazzatura bisogna lavorare per migliorare la tecnologia, prima di tutto per vincere la battaglia per la velocità di accesso del lettore ai siti, evitando la fuga dal website.
Tolleranza 7 secondi. È noto che il limite massimo di tolleranza prima di rinunciare alla lettura è di 7 secondi, ma la tendenza è destinata a scendere ancora.
Qualcuno ha pensato di affiancare carta e sito con soluzioni “in tempo reale” come quella del robot targato Los Angeles Time che elabora e distribuisce informazioni sui terremoti istantaneamente.
Per sperimentare, tuttavia, ci vogliono risorse e investimenti, prima di tutto finanziari e in nuovo capitale umano.
Soldi che gli editori Usa, certamente più focalizzati dei nostri, stanno impegnando con coraggio.
Un processo lungo. Ma anche questo non sarà sufficiente se non si lavorerà con passione anche a creare la nuova generazione di lettori.
E qui è la formula vincente del progetto di Ceccherini. Educare alla lettura, appassionare alla verità, formare la coscienza critica: un lavoro faticoso e lungo, ma l’unico forse che garantirà non solo la crescita di cittadini veri, ma anche di lettori che non vivranno l’acquisto del proprio giornale come una spesa inutile.