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Ripensare Le Città. E Chi Le Abita

Ripensare le città. E chi le abita

di Lelio Alfonso

“La città è un essere umano collettivo”, scriveva più o meno un secolo fa Marcel Poëte, celebre teorico dell’urbanistica. Una sintesi osmoticamente perfetta eppur non facile da adeguare all’oggi, dove l’individuo – sempre più immerso nella sua autocentralità – pretende servizi, tempi e opzioni che siano anche collettive, ma soprattutto proprie, praticamente tailor made. Ed è in questa frattura antropologica tra passato e presente che si tratteggia il futuro e si materializza una domanda: qual è la città ideale? Senza avventurarci nell’utopia di agostiniana memoria, ma piuttosto viaggiando attraverso esperienze e contributi provenienti dai cinque continenti, abbiamo cercato di dare una risposta a quell’interrogativo tutt’altro che semplice e immedesimarci in ciascuna delle realtà e delle soluzioni che incontrerete lungo le pagine di questo secondo numero di “Comprendere”, dedicato appunto all’urbanesimo del domani di fronte alle sfide dell’oggi. E le sorprese non sono state poche.

Comun denominatore di questo articolato itinerario urbano è la “concretezza visionaria”, ossimoro solo apparente di un urbanesimo sempre più partecipato. Da aggregato fisico a non luogo fino a crocevia di esperienze, la città è in continua evoluzione e non solo grazie alle tecnologie o alle ardite sfide dell’architettura e dell’ingegneria strutturale. Logistica, sostenibilità e domotica convivono in una sorta di loft progettuale dal grande respiro, dove lo spazio non è necessariamente da occupare, ma anche – e soprattutto – da condividere.  Parlare di smart city non basta più. L’estetica attrae, ma deve essere funzionale. La sostenibilità attraversa il recupero delle aree, senza dimenticare il ripensamento delle economie e dunque degli investimenti finanziari ai progetti su larga scala. Anche per questo, nel focus dedicato all’Italia, emerge l’incredibile potenziale di come il Bel Paese possa diventare il Bel Vivere, unendo cultura e storia a bellezza e funzionalità, caratteristiche uniche se paragonate a quelle raccontate nelle altre sezioni del volume. L’intervista a due voci con i sindaci di Napoli e dell’Aquila mostra come amministrare il bene comune significhi innanzitutto partecipazione e ascolto. E dall’Australia alla Cina, dal Sudafrica al Canada, l’idea che si fa strada nel racconto dei nostri preziosi contributors è quella prismatica di un caleidoscopio esperienziale capace di farsi luogo vitale intersecando le varie esigenze. Vivere in città non è più un obbligo dettato dalla vicinanza al lavoro, dalla crescita protetta delle famiglie o dai risparmi di tempo e denaro. Al contrario, può essere la risposta ad un mondo che corre in direzione ostinata e contraria. 

Le foto che arricchiscono i testi ci aiutano a capire quali siano gli errori da evitare o le esperienze da accantonare e una provocazione arriva anche dalla copertina, creata grazie a un’elaborazione suggerita dall’intelligenza artificiale. Ed è così che, nelle pagine di questo numero, riusciamo a immaginare come un quartiere di Toronto possa essere “catapultato” in un sobborgo sudamericano o in altri casi, dall’Arabia all’Egitto, perché le nuove capitali nascano dal nulla, mentre a Lagos l’impatto di una cementificazione folle ammonisce sulla corsa ad una modernità dai piedi d’argilla. Soffermandoci, non ultimo, sulle prospettive reticolari di città simbolo come Parigi o Barcellona. La città è casa per alcuni, destinazione per altri, riferimento per tutti. Di certo, la metropoli in quanto tale va ripensata ad ogni latitudine, privilegiando il lato umano di ogni esperienza. Il filo rosso che unisce molti dei racconti è proprio quello dell’innovazione sostenibile, quasi a sintetizzare la direzione obbligata del pianeta, sempre più energivoro e fragile. Se anche la domus corre il pericolo di crollare, l’uomo rischia di ritrovarsi in un deserto non solo simbolico. Sì dunque a progetti rivoluzionari e compatibili, ma con un occhio non miope rivolto a chi quelle “nuove” città dovrà abitarle. È questo che dobbiamo cercare, insieme, di COMPRENDERE.

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